Giorgia: «Recitare è stata una pazzia che ripeterei domani»

La cantautrice racconta l’esordio da attrice in Scordato, tra paure, gioie e aneddoti: «A Rocco avevo risposto "Sei matto?", poi mi ha convinta. Ma quel primo giorno di riprese...»

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Giorgia in una scena di "Scordato"

In Scordato, Giorgia interpreta Olga, la fisioterapista che spinge Orlando-Rocco Papaleo a fare i conti con il suo passato per guarire dal mal di schiena. Per lei è un debutto assoluto nel cinema. E chi la conosce, sa che vederla recitare in un film era tra le cose più improbabili da aspettarsi da lei, sempre schiva, autocritica, oltre che attenta a non invadere territori non suoi. L’abbiamo incontrata per capire come è nata, ed è andata, questa esperienza. Sapendo che l’avrebbe raccontata con sincerità.

Improvvisamente, e senza l’incoscienza dei vent’anni, ti sei provata come attrice.

Una follia, vero? È andata così: Un giorno Rocco mi chiama, «Giorgia devo farti leggere una sceneggiatura». La mia prima risposta è stata: «ma che sei matto? Non se ne parla. Non sono capace». E lui: «Ti conosco, lo sai fare. Fidati». Mi ha convinto a leggere il copione, e mi piacque molto! E anche il ‘mio’ personaggio. Gli dissi: «capiamo se riesco, non è che posso rovinarti il film». Ma mica ero convinta: ho tanti amici attori, che per riuscire si sbattono. Non è che posso arrivare io e fare la raccomandata.

E cosa hai fatto?

Ho iniziato a studiare, studiare, da secchiona quale sono. Sapevo le parti di tutti. Sul set mi prendevano in giro. Rocco mentre girava si voltava e mi diceva: «Cosa dice qui? Che tanto tu lo sai…». Per tre mesi ci siamo visti quasi tutti i giorni con Rocco. Poi, dopo un po’, abbiamo iniziato a provare le battute. E io avevo pudore, mi vergognavo. Però eravamo insieme, si è creata una magia, diventava come un duetto. Lui mi ha aiutata ad essere il più naturale possibile, pungolandomi sulle mie storie personali. Mi diceva: «qui torna con la mente a quella tua vicenda, immagina di essere lì».

Giorgia e Rocco Papaleo, Scordato

Poi siete andati sul set. E lì?

Un guaio! Lui era sia regista, sia protagonista. Non poteva starmi dietro come era successo prima. Ho dovuto fare da me. Però a un certo punto ci ho preso gusto. E lui ha persino iniziato a scrivere scene sul momento. Quella di noi due in macchina l’ha scritta sul set. Ed è diventata improvvisazione. È stato fighissimo.

E il primo giorno di riprese come è andato? Non deve essere stato il più facile.

Tremendo! Ero abituata a me e Rocco a casa, tranquilli, con lui che chiama ‘ciofeca’ il mio caffè. Mi sono ritrovata in una bolgia, con il personale che lavorava al film e anche tanta gente attorno che chiedeva selfie e autografi. La prima scena è stata una tragedia, ero in- gessatissima. Sono andata da lui che guardava il monitor e gli ho detto: «Rocco, mi sa che ci siamo sbagliati». E lui mi ha risposto, cinico: «E mi sa di si». E poi: «Dai, proviamo a farne un’altra». E mi sono sbloccata, non so neanche come. Il direttore della fotografia mi ha detto: «dopo la prima scena ho pensato: ‘non finiremo mai’. Poi invece mi hai stupito». E anche i tecnici pian piano hanno iniziato a guardarmi con più simpatia e fiducia. Perché i set sono un po’ come gli altri ragazzi del tuo quartiere quando sei ‘pischella’: il rispetto devi guadagnartelo.

E la scena del bacio?

Sul set si era creata l’attesa! E lui me la ha fatta ripetere non sai quante volte. Per riprenderla da davanti, da dietro, di fianco…Gli ho chiesto: «dì la verità, lo stai facendo apposta!» E lui: «certo. Il film l’ho fatto per girare questa scena!».

Come è lavorare con Papaleo?

È uno vero. Anche nel suo quotidiano: sincero, leale. È anche un musicista, ha creato un gruppo di lavoro che sembrava una band. E la canzone è nata così. Mi ripeteva: «se hai umanità dentro di te, quando reciti prima o poi esce fuori». E poi mi ha insegnato anche qualche trucco: «nella prima scena devi dire subito una parolaccia, così la gente, che si aspetta la Giorgia che canta, capisce che stavolta sta succedendo altro». Poi certo, riuscire a non scoppiare a ridere mentre giravamo, quando lui fa le sue ‘facce’, non è stato facile! Ma in Scordato ha messo tutte le parti di sè. Compresa quella drammatica, davvero notevole.

L’impressione è che tu nel film abbia scelto di rimanere anche un po’ te stessa.

È vero. Mi ha aiutato il personaggio. Le somiglio. Ad esempio, credo anche io che ci sia una corrispondenza tra un mal di schiena e la storia emotiva di chi lo prova. E pure io attacco bottoni sul senso del vivere, proprio come Olga.

Ti sei divertita?

Molto. L’esperienza è arrivata in un momento in cui avevo anche bisogno di creatività, e di libertà. Mi sono sentita libera di sbagliare, mentre nella musica non posso farlo. E mi è servito anche per riversare nella musica l’energia ricevuta sul set. Direi che abbiamo fatto un disco e un film che non sono ciò che si aspettano da noi.

Cosa hai capito sul mondo del cinema in questa esperienza?

Che sono pazzi! Ripetono dieci volte la stessa scena. Io gli spiegavo che ho una capacità di concentrazione che dura giusto il tempo di una canzone. Magari un ciak mi riusciva benissimo, ma poi dovevamo rifarlo perché c’era bisogno di un primo piano o di un altro dettaglio! Confesso però che mi piace essere diretta, non avere tutto il peso sulle mie spalle.

Lo rifarai?

Guarda, magari! Ci ho preso gusto. Aveva ragione Rocco a dirmi «poi ti piacerà e non potrai più farne a meno». Anzi, non mi spiego come mai non mi siano già arrivati altri soggetti..

Col cinema hai sempre avuto un rapporto stretto.

Adoro guardare film. Mi toccano, mi ‘arrivano’. Mio figlio dice che sto sempre a piangere. In effetti mi capita persino guardando con lui alcuni cartoni animati.

Il primo film che ti colpì?

Baghdad cafè. Un film folle. Mi fece pensare che ci fosse del divino nell’umano. E l’altro è Nuovo cinema Paradiso. Quanto piansi! Ma mi piace guardare di tutto. Ora ho una fissazione per i thriller psicologici. E scopro che mi piace provare paura. Ho avuto fortuna: mia madre mi ha fatto crescere vedendo tutti i grandi film italiani dal dopoguerra agli anni ’70.

Sbaglio o ti avevano già chiesto di fare l’attrice?

Si, più volte. Tanti anni fa mi proposero persino di fare La Piovra, ma non ero convinta, andai al provino controvoglia e venne fuori penoso. Poi, tempo fa ho incrociato Sergio Rubini. Aveva un progetto in cui voleva coinvolgermi. Ma sono rimasta incinta. E pure Leonardo Pieraccioni a un certo punto mi propose una cosa. Ma avevo il disco in uscita. La verità è che non ero emotivamente pronta. Ora sì. E poi Rocco conosceva la mia storia. E me. Veniva a vedermi al Classico quando iniziai a cantare, a vent’anni. Mi sono subito sentita protetta.

Musica e cinema hanno qualcosa in comune?

Almeno una ce l’hanno: quella sorta di dimensione live in cui le cose funzionano se si lavora insieme e ci si sente parte di una cosa più grande.

E la musica?

Farò un primo giro di concerti nei teatri lirici: Petruzzelli di Bari, San Carlo di Napoli, Opera di Roma, tra maggio e giugno. Ero convinta che non me li aprissero. Sai, il mio solito ottimismo. E invece me li hanno concessi. Proverò a crearci dentro un’atmosfera raccolta, da club.

Senti, l’impegno in Scordato, e anche la partecipazione in gara a Sanremo tanti anni dopo esserne stata la mattatrice, in fondo sembrano due nuovi esempi del tuo modo di concepire il lavoro, mettendoti in discussione ogni volta, senza molti calcoli di opportunità. Sbaglio?

Ho sempre cercato la coerenza, anche musicale. A volte è stata faticosa da mantenere. Ma ora mi consente di poter dire a me stessa: ‘io sono così’. Mi dà forza anche vedere che la gente deve averlo capito, e dimostra di volermi bene. Quando mi avvicinano al bar, al ristorante, al supermercato, sento quell’affetto, che mi ripaga. Credo si siano accorti della mia onestà. E scusa se è poco. Dovrei ‘tirarmela‘ un pò? Forse. Però poi la sera alle sette devo preparare la cena per il mio compagno e mio figlio. Mi piace. E non sai quanto mangiano!

>> Quest’intervista è contenuta a pagina 68 del numero Ciak aprile <<

Scordato, la recensione del film di Rocco Papaleo