PEREZ.

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Italia, 2014 Regia Edoardo De Angelis Interpreti Luca Zingaretti, Marco D’Amore, Simona Tabasco, Giampaolo Fabrizio, Massimiliano Gallo Sceneggiatura Edoardo De Angelis, Filippo Gravino Produzione Pierpaolo Verga, Attilio De Razza, Edoardo De Angelis, Luca Zingaretti  Distribuzione Medusa Durata 1h e 34’ www.facebook.com/PerezFilm

In sala dal 

2 ottobre

Avvocaticchio seppellito tra difese d’ufficio e alcolici ad affogare il male di vivere e i suoi fallimenti, Demetrio Perez (Zingaretti) ha un solo motivo per non distruggersi del tutto: la figlia. Peccato che Tea (Simona Tabasco, fotogenica e molto disinvolta) s’innamori (eh, i 20 anni!) di un giovane camorrista d’assalto (D’Amore) e nel frattempo il padre sia “costretto” ad accettare la difesa di un super boss desideroso di trasformarsi in collaboratore di giustizia, sia pure a orologeria. Le due cose s’intrecceranno sanguinosamente.

Un “Gomorra movie” che incastra una trama da noir americano nel paesaggio di una Napoli imprevedibile (il set base è dalle parti del Centro direzionale), crepuscolare e iper moderna, incupita da un costante cielo da pioggia (la fotografia, splendida, è di Ferran Paredes). C’è anche un’originale escursione notturna – tensione più humour – tra i ranch dell’entroterra, ad ammazzare un bue. Edoardo De Angelis, il regista, è quello di Mozzarella Stories (una camorra-comedy discontinua ma con qualche bella idea), ma qui mostra molta più consapevolezza dei suoi (tutt’altro che scarsi) mezzi. Del resto, Perez. è stato presentato fuori concorso a Venezia, senza sfigurare. E se vi chiedete perché ci sia il punto dopo il cognome nel titolo, lo spiega Zingaretti: «L’idea è quella di raccontare la storia di un uomo che ritorna in possesso della sua identità, quindi dopo il nome aggiunge solo il punto ». Un film di genere di decorosissima resa, anche se a sprazzi s’impantana in una ricerca della immagine significativa a tutti i costi. Peraltro, D’Amore lavora come se fosse in una spin-off di Gomorra e Zingaretti gira immusonito e desperado come in un manierato romanzo di Ellroy. Ma va bene lo stesso.

Massimo Lastrucci