Arriva al cinema dall’8 maggio con I Wonder Pictures prodotto da A24, The Legend of Ochi, esordio alla regia di un lungometraggio di Isaiah Saxon. Con Helena Zengel, Willem Dafoe, Emily Watson e Finn Wolfhard.
IL FATTO
A Carpathia, un remoto (e immaginario) villaggio sperduto tra i boschi e le montagne, un gruppo di ragazzi cresce sotto la guida di un capo-cacciatore (Willem Dafoe) armato come un cavaliere sgangherato che li addestra a dare la caccia agli Ochi, misteriose e temibili creature della foresta. Un giorno, la figlia adolescente del cacciatore, Yuri (Helena Zegler), si imbatte in un cucciolo di Ochi e si rende conto che, nonostante i denti affilati e un sibilo non propriamente amichevole, quella che ha davanti a sé è una creatura innocua che ha solo bisogno di aiuto per ritrovare la sua famiglia. Senza guardarsi indietro e non curante del pericolo, Yuri parte all’avventura con il piccolo Ochi per riportarlo dai suoi simili.
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L’OPINIONE
All’uscita delle prime immagini di The Legend of Ochi, la sensazione generale è stata quella di avere di fronte a noi un film per famiglie uscito direttamente dagli anni 80’. Ci ha ricordato E.T. – L’extraterrestre e fatto pensare a Gremlins per la somiglianza delle sue creature. Con fiducia ci siamo abbandonati a questo nostalgico sentimento per tutta la visione del film, ma se questa recensione può in qualche modo agevolare il risultato finale (seppur sempre molto personale) dell’esperienza filmica, il consiglio è quello di non partire troppo da quelle premesse.
In primis, perché non era tra gli obiettivi del regista, Isaiah Saxon, come ci ha direttamente raccontato lui stesso nel corso di un’intervista per la promozione del film. Secondo, perché se cercate l’affetto provato per Atreyu e Falkor o Elliot ed E.T. ne potrete rimanere un po’ delusi.
Questo non perché The Legend of Ochi non riesca a richiamarne le atmosfere o a lasciare il segno. Anzi, per quello è ammirevole. Guardandolo, possiamo percepire i dettagli, la manodopera e la sensibilità impiegati da Saxon − regista molto ‘artigianale’, specializzato nella creazione di videoclip musicali (se volete farvi un’idea, recuperate quello di Wanderlust della cantante Björk) − nell’immaginare questo mondo a metà tra fantasia e realtà, con paesaggi splendidi, frutto di una combinazione tra vere location (le montagne dei Carpazi, in Transilvania) e la tecnica del matte painting, ma soprattutto, per la scelta di utilizzare pupazzi animatronici senza alcun uso di CGI.
Un percorso esemplare al giorno d’oggi, che riflette il piccolo budget di 10 milioni con cui Saxon ha concepito la sua opera prima, che consigliamo come esperienza visiva e naturalistica, ma meno a livello di trasporto emotivo. Manca un guizzo nel viaggio dei nostri amici, uno slancio che porta il legame con lo spettatore a farsi più solido. Lo stesso livello di attenzione e cura nella messa in scena ci è sembrato infatti mancare alla storia e alla caratterizzazione dei personaggi, con i quali si fa un po’ fatica ad entrare in completa sintonia, nonostante la dolcezza del piccolo Ochi e la presenza di certezze come Willem Dafoe, Emily Watson e la talentuosa Helena Zegler, attrice tedesca di soli 17 anni da tenere d’occhio.
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I film sopra citati: E.T. – L’extraterrestre (1982) del maestro Spielberg, La storia infinita (1984) di Wolfgang Petersen, Gremlins (1984) di Joe Dante e la filmografia di Jim Henson, il papà dei Muppet.