Emozioni, adrenalina, Mission: Impossible – The Final Reckoning, ottavo capitolo della serie di film che vedono protagonista Tom Cruise, diretto da Christopher McQuairre, porta avanti in modo travolgente una saga che non smette di avvincere il pubblico. Alla costante ricerca di un equilibrio tra intrattenimento e arte, Cruise e McQuairre anche questa volta hanno dovuto affrontatore sfide produttive al limite dell’impossibile.
Un sottomarino che ruota sul fondale dell’oceano, biplani che si inseguono, bombe pronte a distruggere intere città dal sottosuolo: sono solo alcuni dei sorprendenti elementi che caratterizzano questa nuova impresa di Ethan Hunt, al cinema dal 22 maggio con Eagle Pictures.
Girato consecutivamente insieme al precedente capitolo, Mission: Impossible – The Final Reckoning è ambientato due mesi dopo gli eventi di Dead Reckoning Part One (2023) e vede l’agente dell’IMF (Tom Cruise) continuare la sua missione per impedire a Gabriel Martinelli di guadagnare il controllo sul programma di intelligenza artificiale noto come “l’Entità”.
Alla presentazione in anteprima mondiale al 78° Festival di Cannes, Tom Cruise e Cristopher MecQuairre, rispettivamente interprete e regista e ed entrambi produttori del film, hanno svelato alcune delle imprese più sfidanti affrontate durante le riprese.
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“Quando lo vedrete, sappiate che, all’interno di quel sottomarino che ruota di 360° dal diametro di circa 19 metri e dal peso di quasi 1.000 tonnellate, immerso in 8,5 milioni di litri d’acqua, c’è lui”, dice McQuarrie parlando delle acrobazie contenute nel film che Tom Cruise, come sempre, ha voluto affrontare in prima persona senza ricorrere ad alcun stuntman.
“Quello che vedete siamo noi stessi che testiamo questa situazione, perché non c’è modo di testare una cosa del genere – continua il regista e sceneggiatore – Se girassi una sequenza come questa con chiunque altro oltre a Tom Cruise, il mio lavoro sarebbe quello di nascondere il fatto che non è l’attore a fare quelle cose. Farei di tutto per girare attorno a uno stuntman e potrei mettere l’attore vero in una o due inquadrature per collegarlo a quel personaggio. La sfida qui nel girare una sequenza come quella con Tom è ricordare costantemente che è l’attore a farla. Questo determina ogni posizione della telecamera in un set che di fatto ruota e quando arriva Tom la telecamera non sarà dove l’avevate messa. Dovevamo anticipare dove mettere la telecamera in modo che riprendesse sempre Tom e di per sé questo comporta un livello di ingegneria che non potete immaginare”.
Un discorso simile fanno Cruise e McQuairre per raccontare la scena in cui Tom volteggia tra le ali di un biplano come sospeso in assenza di gravità fino a quando si lancia con un paracadute in fiamme. “Per sviluppare sequenze del genere serve tutta l’ingegneria disponibile, si tratta di migliaia di ore di lavoro da parte di artigiani, piloti, ingegneri che studiano questi movimenti aerei sfidando le leggi della fisica”. Senza considerare le condizioni atmosferiche, forti venti, bassi livelli di ossigeno per tutti, e gli imprevisti che sempre capitano su un set,
Alla costante ricerca dell’emozione più forte Cruise e McQuairre hanno imparato a vedere ogni problema come una opportunità. “Una parte importante della storia e della narrazione è portare archi emotivi sempre più grandi e più vita emotiva ai personaggi. È per questo che questi film si sono espansi. Non tanto perché la sequenza d’azione è diventata più grande, ma perché il tessuto di quei personaggi si è espanso”.
“Non mi dispiace affrontare l’ignoto, mi piace quella sensazione. È solo un’emozione per me ed è qualcosa che non mi paralizza, non mi disturba. Mi piace qualsiasi impresa nella vita, mi piace andarci dentro. Ho voluto una vita interessante che fosse molto dinamica e che mi portasse ad imparare cose. Le persone possono essere piuttosto spaventate dall’ignoto, io non lo sono mai stato. Sono curioso dell’ignoto o di ciò che le persone percepiscono come ignoto”, spiega Tom Cruise.