Le libere donne, la serie Rai che riscrive la memoria della psichiatria al femminile

È stata presentata in anteprima all’Italian Global Series Festival Le Libere donne, la nuova serie evento di Rai 1, coprodotta da Rai Fiction ed Endemol Shine Italy, tratta dal romanzo Le libere donne di Magliano dello psichiatra e scrittore Mario Tobino. Un’opera di grande forza civile, diretta da Michele Soavi, che racconta con delicatezza e potenza la condizione femminile in un’epoca, ma anche in un sistema, che spesso scambiava la libertà per follia.

Ambientata in Toscana durante la Seconda guerra mondiale, la serie segue la storia del dottor Mario Tobino, interpretato da Lino Guanciale, psichiatra progressista che lavora nell’ospedale psichiatrico di Maggiano, dove cerca di restituire dignità alle donne internate, vittime di un tempo e di una società che le giudicava inadeguate solo perché fuori dagli schemi.

Donne che, come si scopre nel corso della narrazione, non sono sempre pazze, ma spesso «troppo libere, troppo scomode per essere accettate» in un mondo ancora dominato dal patriarcato. Una di loro è Margherita Lenzi, interpretata da Grace Kicaj, giovane ereditiera rinchiusa dal marito contro la propria volontà. Intorno a Mario, si muove un piccolo mondo: il collega Anselmi (Fabrizio Biggio), medico giovane e idealista, e Paola Levi (Gaia Messerklinger), ex compagna di Tobino e ora staffetta partigiana, che torna a sconvolgere la sua vita.

Alla presentazione a Rimini erano presenti Biggio, Kicaj, Paola Leonardi e il produttore Endemol Shine Italy, Francesco Pincelli. Assente per un problema di salute Lino Guanciale, che ha comunque voluto mandare un videomessaggio condividendo le sue riflessioni sul progetto. «Una donna troppo emancipata per i propri valori, per le proprie ambizioni rispetto ai tempi era molto più comodo farla passare per isterica. Magari per liberarsi di un fardello a casa». E ha aggiunto: «I manicomi sono stati centri di grande complicità con le ingiustizie perpetrate da una mentalità patriarcale che è stata, e ancora oggi è, durissima da scalfire».

«Credo che Libere donne sia un progetto importantissimo», ha continuato l’attore, «per quello che può fare ancora oggi: denunciare quale fosse la condizione di subalternità – orribile – della donna allora. E per certi versi anche oggi». Guanciale ha rivolto un appello esplicito anche agli uomini: «Bisogna, da uomini, avere il coraggio di dire quante cose sono cambiate e quante invece restano, ancora oggi, le stesse».

Nel suo messaggio ha ricordato il proprio coinvolgimento nel progetto: «Quando mi è stato proposto di interpretare Tobino ci ho messo un po’ a dire di sì. Lo conoscevo dai tempi dell’università, ma non mi ero mai misurato con un personaggio realmente esistito». Poi la scelta: «Quando ho deciso di accettare, l’ho fatto con tutto me stesso. Perché credo tanto nella necessità di questo progetto. E spero che tra i suoi meriti ci sia anche quello di riportare l’attenzione su una nostra grande voce letteraria e scientifica, quella di Tobino».

Infine, un auspicio: «Spero che tante personeuomini soprattutto, ma ovviamente anche donne – cerchino i testi di Tobino, leggano Le libere donne di Magliano, confrontino quello che troveranno nella serie. Ma soprattutto, che aprano ancora di più gli occhi». E conclude: «Viva le libere donne, viva Mario Tobino».

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