Candidato agli Oscar per The Act of Killing e The Look of Silence, il pluripremiato regista Joshua Oppenheimer esordisce finalmente nel cinema di finzione con un film allegorico e unico, The End, un musical post-apocalittico nel quale le bugie dominano la vita – costretta in un bunker – della famiglia composta da Tilda Swinton e Michael Shannon con i giovani talenti George MacKay (1917, The Beast) e Moses Ingram (La donna del lago, La regina di scacchi). Al cinema da giovedì 3 luglio, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection con il sostegno del MIC e con il sostegno di Sicilia Film Commission e Regione Sicilia – Assessorato Turismo Sport e Spettacolo e Sviluppo e Coesione Sicilia, il film si svolge all’interno della incredibile location delle affascinanti caverne della Miniera di salgemma situate a Petralia Soprana.
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IL FATTO
Il mondo è finito. Ma l’umanità, forse, no. All’indomani di un’apocalisse ambientale, una famiglia facoltosa è costretta a vivere – e sopravvivere – in un lussuoso bunker sotterraneo riarredato come una casa di lusso: Madre (Swinton), Padre (Shannon) e Figlio (MacKay) cercano di mantenere la speranza e un senso di normalità aggrappandosi a piccoli rituali quotidiani. Fino a quando, dopo decenni di solitudine, il gruppo entra in contatto con una ragazza sconosciuta che proviene dal mondo esterno (Ingram). Un inatteso avvenimento che stravolge la routine della famiglia e incrina il delicato equilibrio di questo apparente idillio, diventando il punto di partenza per esplorare le profondità più inquietanti dell’animo umano.
L’OPINIONE
A differenza, per esempio, del Lex Luthor di Gene Hackman, che si autoproclamava “la più grande mente criminale dei nostri tempi“, nella realtà anche chi commette le azioni più atroci a danno di altri, tende a raccontarsi come il “buono” (se non addirittura la vittima). È un meccanismo perfettamente esemplificato dai sopravvissuti alla catastrofe ecologica in The End di Joshua Oppenheimer.
L’esclusivo bunker di lusso dove sono rifugiati i pochissimi, privilegiati superstiti è un luogo del pensiero, prima ancora che del futuro. Ed è, infatti, una tana di simulacri e rappresentazioni volti a giustificare e rimuovere le colpe di ciascun ospite: il petroliere Michael Shannon, corresponsabile del disastro ambientale e oppressore dei Paesi in via di sviluppo, scrive un memoriale presentandosi come benefattore dell’umanità cui ha portato energia e sviluppo; la moglie ex danzatrice Tilda Swinton cura maniacalmente il suo paradiso di opere d’arte dopo aver abbandonato la propria famiglia d’origine, e non solo, all’inferno. Il figlio George MacKay costruisce un plastico del vecchio mondo in cui gli operai sono lieti di venire sfruttati fino alla morte.
E via così, allegorizzando uno stato mentale assai diffuso nell’epoca odierna. Dove possiamo avvelenare il pianeta e dirci che stiamo preservando il nostro modello socioeconomico dai fanatici della decrescita; ridurre i diritti dei lavoratori e precisare che lo facciamo per garantirgli maggiori opportunità sul mercato; sovvenzionare lager per uomini, donne, bambini migranti e spiegare che è necessario alla tutela dei confini nazionali; renderci complici diretti o indiretti di apartheid e genocidi e sostenere che è un contributo per difendere la democrazia contro il terrorismo.
Quello di The End, animato e anestetizzato da canzoni e coreografie, è insomma il bunker del nostro immaginario, e ci viviamo già dentro. Ma attenzione: il film ci ricorda che ogni finzione ha in sé lo specchio, per quanto deformante, della verità, e se ci guardiamo a lungo dentro rischiamo di vederla, rompendo le autoassoluzioni. Come già accadeva, nel doc di Oppenheimer The Act of Killing, al vero ex sterminatore di comunisti indonesiani, che si ritrovava ad ammettere: “È come vivere alla fine del mondo. Ci guardiamo intorno, e c’è solo oscurità. È davvero terrificante“.
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Inevitabile ripensare al 10 Cloverfield Lane prodotto da J.J. Abrams e scritto (tra gli altri) da Damien Chazelle, in cui Mary Elizabeth Winstead si ritrovava in un bunker con John Goodman e John Gallagher Jr., ma a ricostruire una vita quotidiana sottoterra era stato anche Christopher Walken in Sbucato dal passato per la moglie Sissy Spacek e il figlio Brendan Fraser. Meno visto, il curioso John and the Hole potrebbe meritare uno sguardo, come anche The Divide, se vi interessa più l’aspetto della paranoia in un mondo post-apocalittico.