Unfaithfully Yours Usa, 1948 Regia Preston Sturges Interpreti Rex Harrison, Linda Darnell Distribuzione Lab 80 film Durata 1h e 38’
Al cinema dal 30 marzo 2017
IL FATTO – Di ritorno a New York, il celebrato direttore d’orchestra inglese Sir Alfred De Carter finisce preda della più rimbambente gelosia. Per un equivoco dell’inetto cognato August, la splendida moglie Daphne, molto più giovane di lui, viene pedinata da dei detective (“quei volgari furfanti col cappello floscio”) con risultati piuttosto compromettenti. Per quanto inizialmente rifiuti con sdegno persino l’idea che qualcuno possa aver avuto dei sospetti sulla fedeltà della partner, il sempre più ossessionato musicista arriva a pensare addirittura di eliminare la moglie immaginando un delitto perfetto. Ma dalla teoria alla pratica…
L’OPINIONE – Giustamente Paola Cristaldi nel suo Commedia Americana in cento film (Le Mani ed.) definisce Infedelmente tua il “capolavoro che chiude di fatto l’era sturgesiana”. All’apice della cosiddetta screwball comedy hollywoodiana (dai ’50 cominciò il declino di quello stile particolare), il film è una perfetta concatenazione di battute, gag, equivoci, buffonerie e tenerezze, a ritmo serrato e con lucido retrogusto amarognolo e ammiccantemente ambiguo. Tantissime le sequenze che strappano l’ammirazione entusiasta del cinefilo, basti pensare all’idea stessa di abbinare tre possibili soluzioni differenti del dramma passionale ad altrettante esecuzioni musicali (Sir Alfred mentre dirige si arrovella e immagina): l’omicidio durante la Semiramide di Rossini, il perdono sul Tannhauser di Wagmer, il patetico suicidio su La Francesca da Rimini di Ciakowskij. Oppure alla ripresa senza stacchi del catastrofico tentativo (distruggerà tutto l’appartamento) dell’infuocato “Otello” di mettere in atto i suoi propositi di vendetta tremenda vendetta.
Dicevamo dell’amaro sottinteso a dispetto del buon umore che genera lo spettacolo: Preston Sturges (qui ovviamente anche sceneggiatore, nonché produttore) aveva circa 50 anni al momento della realizzazione e, secondo la quarta e ultima delle sue mogli Sandy, il carattere del personaggio corrispondeva perfettamente al suo, cosicché la battuta ricorrente “la gioventù appartiene alla gioventù” (l’evidente differenza d’età tra i coniugi è il tarlo che tutto muove) suona quanto mai triste nella sua lucidità e buon senso. Rex Harrison è un mostro di bravura e di ecletticità, indubbiamente tra i più grandi commedianti espressisi anche sul grande schermo, Linda Darnell (l’indimenticabile Chihuahua di Sfida infernale morirà prematuramente a 41 anni, nel 1965) è così luminosa e candida nella sua lealtà (“come avrei potuto innamorarmi se il mio cuore te lo sei portato via tu?”) da autorizzare – pensiamo volutamente da parte di Sturges – i più foschi sospetti (anche dopo il The End); il meccanismo è così oliato che, come sempre nel regista, anche i comprimari e i caratteristi sono una delizia complementare da gustare a parte (tra i quali spicca Lionel Stander, il manager Hugo dal buffo accento, che vivrà in Italia nei ’70 il suo fine carriera). Domanda: dopo che uscirete deliziati dalla visione, sollecitata da Lab 80 che ne ha curato il restauro e la distribuzione, come farete a non correre a recuperare gli altri 12 titoli della carriera registica di questo formidabile narratore (nei ’40 era non solo il più pagato della sua professione, ma anche tra tutti gli stipendiati d’America!)? Se possiamo consigliare, “obbligatori” sono almeno Lady Eva, I dimenticati e Ritrovarsi.
Massimo Lastrucci