Rob Reiner: «In “Shock & Awe” racconto le bugie di Bush e il disastro della guerra in Iraq»

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Le menzogne di George W. Bush e della sua amministrazione a proposito della guerra in Iraq arrivano sul grande schermo in anteprima mondiale alla 13esima edizione del Festival di Zurigo con Shock & Awe diretto da Rob Reiner. Tutti sappiamo ora che le presunte armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein, ufficialmente la ragione del conflitto all’indomani degli attentati terroristici dell’11 settembre, erano una bufala. Diciotto mesi prima della sciagurata invasione però, avvenuta nel 2003, quattro giornalisti americani del Knight Ridder, John Walcott, Jonathan Landay e Warren Strobel, insieme al reporter Joe Galloway, che aveva raccontato la guerra in Vietnam, smascherarono l’inganno grazie alla complicità di alcune talpe decise a salvare la costituzione più che l’amministrazione presidenziale, spaventate dal potere acquisito da una sorta di intelligence parallela.

Doveva essere una guerra da due settimane, sei mesi nella peggiore delle ipotesi, promettevano davanti alle telecamere e alla nazione Donald Rumsfeld, Dick Cheney e Colin Powell, e invece dopo diciassette anni non è ancora finita. E come gli analisti più onesti avevano previsto, non solo il conflitto ha causato migliaia di morti, ma ha anche destabilizzato l’intero Medio Oriente. «Perché la democrazia – ricorda il regista – non si esporta con le armi, ma con il buon esempio». La caparbia indagine dei quattro giornalisti, tre dei quali sono arrivati a Zurigo per la première, è dunque diventata un film con Woody Harrelson, James Marsden, Tommy Lee Jones, Milla Jovovich, Jessica Biel e lo stesso Reiner. Ma come già Spotlight, più che un film contro le bugie all’origine di una vera e propria catastrofe, il regista celebra il ruolo fondamentale del giornalismo investigativo, contro chi cerca di censurare una informazione libera, sana e pubblica. «Quando dall’amministrazione arrivano delle informazioni – raccomanda Walcott nel film – il giornalista ha il diritto e il dovere di chiedersi se è la verità».

«In un’epoca dominata dalle fake news è ancora più importante conoscere storie come questa, scoprire personaggi che dovrebbero diventare eroi solo per aver fatto il proprio lavoro con coscienza e onestà, e interrogarsi sul ruolo dell’informazione nella difesa della democrazia», ha detto il regista che utilizza il materiale di repertorio per restituire tutta la gravità di quelle menzogne e che sceglie per titolo il nome di una tattica militare, “colpisci e terrorizza”. «L’informazione spazzatura però non è quella denunciata da Trump, quella che tenta di fare luce sui retroscena della sua elezione. Oggi alla Casa Bianca siede un individuo ancora più ignorante e pericoloso di Bush, che potrebbe condurci a una catastrofe peggiore dell’Iraq».

«Internet e social media – continua Reiner – hanno aumentato la mole di informazioni, ma non sono garanzia di verità. È allora collaborare trovando modi nuovi e onesti per comunicare ciò che accade nel mondo. I media americani sono evidentemente sotto attacco e l’assurda confusione tra realtà e intrattenimento ha portato Trump alla presidenza. La propaganda è sempre esistita, ma ora è più difficile che mai arrivare alla verità. Molti mi chiedono se farò mai un film su Trump, sono sicuro che ne arriveranno molti. Io per ora posso solo dire che mi dispiace davvero tanto…».

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