Il Torino Film Festival ricorda Valentina Pedicini

Evento speciale del TFF per ricordare la regista e sceneggiatrice (scomparsa il 20 novembre), di cui sono disponibili su MyMovies i film "Era ieri" e "Dal profondo"

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L’ultima giornata del Torino Film Festival è stata anche quella dell’omaggio a Valentina Pedicini, regista e sceneggiatrice scomparsa il 20 novembre a 42 anni. L’incontro, trasmesso e visionabile su YouTube, è stato moderato da Davide Oberto e Mazzino Montinari, e, nella commozione generale, ha rievocato attraverso gli interventi dei vari ospiti in collegamento le tappe di un percorso interrotto troppo presto ma in grado di emergere e incidere con opere coraggiose e personali: tra queste, il TFF rende disponibili (su MyMovies fino alle 14 di domenica 29 novembre) il corto Era ieri (presentato alla Settimana della Critica di Venezia 2016) e il documentario del 2013 Dal profondo (presentato alla Festa del Cinema di Roma e vincitore del Premio Solinas).

Si è partito dai primi passi della regista alla scuola di documentario, televisione e nuovi media Zelig, di Bolzano, dove, come ha ricordato Heidi Gronauer, Pedicini frequenta inizialmente un corso di scrittura, per poi diplomarsi nel 2010 col corto My Marlboro City, dove racconta la sua città natale Brindisi. E proprio l’«enorme urgenza di raccontare cose che gli erano care» è uno dei tratti di Pedicini ricordati da Gronauer, insieme all’interesse per la «diversità culturale», all’esplorazione di «temi difficili» e alla già notevole capacità di lavorare in team dando fiducia e spazio a ciascuno dei collaboratori: «per Valentina l’autore del film non era solo lei». Un’autrice «aperta a lasciarsi sorprendere» dalle realtà che ha raccontava, come ben evidenzia anche un altro dei corti realizzati alla scuola Zelig, Pater Noster (2008), che mostrando la comunità dei monaci shaolin cattolici di Bolzano anticipa il viaggio dell’ultimo lungometraggio, Faith.

Una regista, Pedicini, che con i suoi film ha messo in discussione lo stesso confine tra cinema del reale e cinema di finzione, per esempio con Dal Profondo, che oltre ad essere un doc sulle lotte dei minatori di Nuraxi Figus, in Sardegna, a tratti sembra quasi «un film distopico di fantascienza», come ha detto Montinari. E di quel film ha parlato anche Alessandro Borrelli (tra i giurati che conferirono al progetto il Premio Solinas), il quale ha sottolineato il valore di un percorso, accomunante Pedicini e altri autori italiani contemporanei, «che racconta il vero, per poi portare questa esperienza nel cinema di finzione e poi tornare di nuovo a raccontare il reale».

Alfredo Covelli (anche in concorso a questo TFF col doc I tuffatori) si è soffermato in particolare sul lavoro con Pedicini per il corto Era ieri, da lui prodotto e con cui la regista esordì nel cinema di finzione. Tra le altre cose Covelli ha ricordato la casting call a cui si presentarono «cinquecento bambini dai sette agli undici anni» e dove, racconta, «mi accorsi subito che lei non cercava attori ma cercava suoi simili, per raccontare la sua infanzia». Covelli ha inoltre espresso il desiderio che la regista venga ricordata «attraverso rassegne e retrospettive, io cercherò di farlo».

Di Pedicini ha parlato a lungo anche l’amica e collaboratrice Francesca Manieri, sceneggiatrice di Era ieri, ma anche del primo lungometraggio di finzione di Pedicini, Dove cadono le ombre (2017): un film in cui la terribile verità degli esperimenti eugenetici condotti in Svizzera sui bambini della comunità nomade degli jenisch è raccontata in forma di «fiaba nera». Una scelta, sottolinea Manieri, figlia anche del profondo «rispetto» per la reale esperienza raccontata da una delle vittime, Mariella Mehr. E un’opera che ben esprime le diverse «grandi anime che convergevano» nella personalità artistica e umana di Pedicini: da un lato, dice Manieri, «una straordinaria ironia» e dall’altro la «discreta, apparente opacità» di una persona solare e riservata a un tempo. «Il suo», ha aggiunto Manieri, «è un cinema di guerrieri, è un cinema di guerrigliere», dove è presente anche una «componente metafisica», e il combattimento infatti è anche quello «della luce e dell’ombra». Un’autrice che, nella finzione come nella realtà, «attraverso il fenomeno raggiunge il noumeno».

La fortissima tensione etica del cinema di Pedicini è stata ricordata anche da Marcella Libonati, aiuto regista di Dove cadono le ombre, che durante l’incontro ha letto le parole della stessa Pedicini in una lettera scritta ai collaboratori prima di iniziare le riprese del film, «un viaggio che ci vedrà lottare insieme», come lo definiva la regista. Questa, ha proseguito Libonati, si poneva con forza il problema di «come raccontare il male, come metterlo in scena», lasciando attraverso i suoi lavori delle «immagini piene di cura e potentissime, belle ma mai estetizzanti», realizzando le quali «sceglieva sempre un punto di vista».

Il cinema di Valentina Pedicini, ha detto Paola Malanga di Rai Cinema, «non solo verrà studiato ma verrà molto amato e capito: anche quello che non c’è stato il tempo di capire». Ed era il cinema, ha sottolineato la produttrice di Faith Donatella Palermo, di «una persona meravigliosa anche nel suo modo di relazionarsi con l’esterno». E che è stata molto amata anche dagli allievi del corso di cinema documentario al Centro Sperimentale di Cinematografia, di cui è stata docente online durante il periodo della pandemia. Proprio con un saluto degli studenti, letto dalla direttrice del corso Costanza Quatriglio, si è concluso l’intenso omaggio del Torino Film Festival.