IL COMPOSITORE: FABIO FRIZZI

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DI ANDREA MORANDI

I suoi fan si chiamano Quentin Tarantino, RZA e Boards of Canada, le sue colonne sonore sono oggetti di culto e ha appena fatto un tour negli Stati Uniti. Fabio Frizzi racconta il suo viaggio, il rapporto con il grande Lucio Fulci e il perché l’Italia è sempre (troppo) distratta con i compositori…

Quarant’anni di colonne sonore, quarant’anni di musica, dal primo Fantozzi con Franco Bixio e Vince Tempera al lungo sodalizio con Lucio Fulci, e poi una grande reputazione all’estero, da Quentin Tarantino, che per Kil Bill Vol. 1 volle a tutti i costi un suo brano dalla colonna sonora di Sette note in nero, ai canadesi Boards of Canada che lo inserirono tra le loro ispirazioni per il loro Tomorrow’s Harvest, senza dimenticare la band metal americana dei Post Mortem, RZA del Wu Tang Clan nonché i nostrani Club Dogo, che per la loro All’inferno usarono un sampler di Apoteosi Del Mistero – tratta da Paura nella città dei morti viventi. Classe 1951, Fabio Frizzi oggi ha sessantaquattro anni, una discografia colma di titoli e, oltre a un passato glorioso, anche un grande presente, perché oltre ad aver da poco pubblicato per la Beat Records il magnifico doppio disco Frizzi 2 Fulci – registrato dal vivo alla Union Chapel di Londra – è appena tornato da un tour americano in cui ha portato proprio il progetto F2F – Frizzi 2 Fulci, con tutti i brani realizzati per il cinema di Lucio Fulci, da Manhattan Baby a Zombi 2.

L’INTERVISTA

Fabio FrizziPartiamo dall’America? Com’è andata e com’è stato recepito F2F?

Dopo il successo che lo spettacolo aveva ottenuto a Londra e nel Nord Europa, l’idea di provare a portarlo negli Stati Uniti, dove ci sono molti appassionati del genere, era diventata centrale. Ma il risultato di questo breve tour, composto di cinque date, è stato nettamente superiore alle nostre aspettative. C’è un enorme pubblico di conoscitori del cinema horror, fantasy, di quello italiano in genere, che sono accorsi numerosi, tributandoci una testimonianza di affetto e di apprezzamento davvero incredibili.

Ha suonato a Los Angeles, San Francisco, Philadelphia…

E cambiando città e realtà culturali non è cambiato nulla. Ovunque abbiamo incontrato una passione molto competente e una gioia fortissima nel riascoltare, per la prima volta live, alcuni fra i temi musicali che conoscono e amano da tanto tempo.

Che effetto fa a distanza di tanti anni vedere che i lavori fatti per Fulci rimangono tanto popolari, soprattutto all’estero?

Lucio Fulci è sempre stato un artista di grande personalità, poliedrico, curioso. La sua forte capacità di assemblare, in modo artigianale, le storie che raccontava, lo resero fin da allora oggetto di un forte interesse da parte dei pubblici di molti paesi del mondo. Mi ricordo che già nei primi anni Ottanta arrivavano lettere da appassionati di colonne sonore che conoscevano a menadito i miei commenti musicali per i suoi film. L’arte italiana è stata sempre apprezzata nel mondo e oggi la situazione non è cambiata.

E lei ha capito il perché?

Perché il cinema è un’arte, un’arte difficile che qui da noi abbiamo sempre saputo interpretare in modo molto particolare. In più, probabilmente, questa popolarità deriva dal fatto che Fulci lavorava in un periodo in cui i budget del cinema italiano non erano altissimi, anzi, e lui riusciva a creare prodotti apparentemente impossibili da realizzare con quel tipo di economia. Io sono molto grato a Lucio per avermi, in qualche maniera, lasciato una eredità così importante, la possibilità di andare in giro a raccontare attraverso la mia musica, quella bellissima esperienza.

Fabio FrizziQual è, se dovesse sceglierlo, lo score che preferisce tra tutti?

È una domanda che mi viene rivolta spesso, ma è proprio difficile dare una risposta univoca. Innanzitutto perché ogni brano che un compositore scrive è come se fosse uno dei suoi figli, ed è impossibile scegliere quale figlio si preferisce. E un po’ perché, avendo cavalcato nella mia vita tanti generi sia nelle colonne sonore che nel resto della mia produzione, la ricerca di una medaglia d’oro è tempo perso. Ma se dovessi fare una scelta obbligata, andando un po’ contro corrente come mi piace fare, direi che la colonna sonora di Manhattan Baby è una di quelle che mi dà più soddisfazioni. Quando poi è stato il momento di eseguirla nell’Egyptian Theatre di Los Angeles, un vero e proprio tempio faraonico, l’emozione è stata enorme. E ho deciso di condividere questa sensazione forte proprio con l’enorme pubblico che avevo davanti a me.

 

Nel 2016 saranno i vent’anni dalla morte di Fulci. Cosa ricorda di lui?

Lucio è stata una persona che ha racchiuso in sé, nella mia considerazione, molti significati. Innanzitutto un bravo regista, una persona innamorata del cinema con cui è stato bello collaborare, un uomo complesso, esigente, puntiglioso, ma anche autoironico, simpatico, a volte burlone. Sicuramente un artista con le idee chiare. Poi un grande maestro, la persona che mi ha fatto capire meglio di chiunque altro quale possa e debba essere, nel cinema, il rapporto fra la musica e l’immagine. Se non avessi lavorato con lui probabilmente la mia professionalità sarebbe stata diversa e meno responsabile. E poi, col passare degli anni, il piacere di vivere il rapporto con lui come vera amicizia.

Tour in America, dischi venduti all’estero, ma spesso dimenticato in Italia. Perché, nonostante la tradizione e i compositori, nel nostro Paese la musica da film è ancora così poco considerata?

Se posso utilizzare, senza alcun desiderio di polemica, un vecchio proverbio latino, direi “Nemo propheta in patria”. Quando si facevano questi film, sto parlando degli anni Settanta, Ottanta e Novanta, avevamo tutti la sensazione che si trattasse di una cinematografia minore, rispetto alle grandi produzioni mondiali. E anche rispetto ad un certo cinema italiano di qualche anno prima, molto amato a Hollywood e non solo. In queste peregrinazioni fuori dal nostro Paese, che ho fatto negli ultimi anni, mi sono reso conto invece che anche nei confronti di quella cinematografia c’è, praticamente ovunque, una stima enorme, un affetto che qui neanche immaginiamo. E anche la musica da film, in particolare, gode di una amore incontrovertibile. Ci sono state persone che per vedere uno dei nostri concerti, hanno preso un aereo da molto lontano, oppure hanno percorso decine di ore alla guida. Questo ovviamente mi riempie di gioia a titolo personale, ma è l’immagine di un successo e di una curiosità che investono tutta l’epoca del cinema di genere.