Con Una barca in giardino, ottavo lungometraggio di Jean-François Laguionie, il maestro francese dell’animazione rende omaggio ai propri genitori e celebra al tempo stesso il senso profondo dell’arte cinematografica. Dopo l’anteprima al Festival di Cannes 2024 con il titolo originale di Slocum et moi e l’uscita in Italia, Una barca in giardino è ora in concorso al 29° Cartoons on the Bay.
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Una barca in giardino, la storia
Siamo agli inizi degli anni ’50 in una Francia ancora segnata dalle conseguenze economiche e sociali della Seconda guerra mondiale. Sulle rive del fiume Marna, non lontano da Parigi, vive un ragazzino di 11 anni di nome François, che osserva con curiosità l’attività del padre che nel giardino della casa di famiglia sta costruendo una barca a vela. Il progetto è quello di realizzare l’esatta replica dell’imbarcazione con cui il celebre marinaio Joshua Slocum (1844 – 1909) ha effettuato la prima circumnavigazione del globo in solitaria della storia. François passa dall’infanzia all’adolescenza e il suo sguardo affettuoso e poetico verso i genitori è la chiave narrativa per comprendere il legame profondo che lo unisce alla famiglia. La barca non è solo un bizzarro progetto, ma il simbolo del sogno che si realizza, un sogno che François condividerà con loro in un’avventura dove realtà e fantasia si intrecciano, tra il desiderio di partire e l’emozione di navigare verso l’ignoto.
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Jean-François Laguionie
Laguionie, 85 anni compiuti lo scorso ottobre, autore che rifiutando le gabbie di genere ha sempre affermato di sentirsi semplicemente un regista di cinema e non di “cartoni animati”, ha raccontato di aver iniziato a pensare a questo film già nel 2017, mentre girava il precedente lungometraggio Il viaggio del principe (2019). La realizzazione di Una barca in giardino lo ha poi impegnato per tre anni e mezzo, dopo aver superato difficoltà che sembrerebbero impensabili per un maestro del suo calibro: “Il film era difficile da produrre, cioè da finanziare. Trovare soldi per i produttori è stato molto difficile. Credo anche che tutti i miei film siano stati piuttosto difficili da produrre, ma questo ancora più degli altri”, ha infatti confessato non senza ironia l’autore.
Una volta trovati i produttori in grado di garantire quei 2,7 milioni di euro necessari per portare a buon fine il progetto, Laguionie si è messo all’opera su quello che, secondo quanto da lui stesso affermato, potrebbe essere ricordato come il suo canto del cigno: “Non avevo mai fatto un film sulla mia infanzia e sapevo che il prossimo film sarebbe stato l’ultimo: lo dovevo a mio padre e a mia madre“, ha raccontato infatti il cartoonist. Chiarito così che il giovane François altri non è che lo stesso regista, allo spettatore non resta che immergersi nella sua affascinante visione artistica.
La sceneggiatura, scritta con la compagna di sempre Anik Le Ray, è in perfetto equilibrio tra la nostalgia di una giovinezza ricca di sogni e il tributo ai propri genitori, mentre il segno grafico è di una abbacinante maestria pittorica. L’autore delinea perfettamente ogni personaggio con pochi eleganti tratti di matita, donando loro vita su acquarellati e ricchissimi fondali.
La computer grafica è presente solo con interventi “invisibili”, mentre a farla da padrone è l’animazione tradizionale, giocata su colori tenui con cui Laguionie illumina mirabilmente l’importanza e il fascino di quelle piccole cose della vita quotidiana che hanno forgiato il suo gusto durante l’infanzia e l’adolescenza.
Naturalmente, essendo il film ambientato per la maggior parte nei primi anni ’50, Laguionie ha dovuto affrontare anche i problemi tipici di ogni film in costume: “Abbiamo dovuto raccogliere della documentazione perché i miei ricordi non erano sufficienti – ha raccontato l’autore alla stampa francese – ricordavo la Renault 4CV, ma non ero certo di ricordare esattamente come vestissero le persone a quel tempo. Quindi la nostra è stata come una piccola ricerca di gruppo: i ricordi del periodo mi tornavano in mente, ma alla rinfusa, non erano nell’ordine giusto e non sempre avevano senso. A volte erano ricordi molto vaghi, così dopo aver lavorato per qualche mese e raccolto abbastanza materiale, ho dovuto decidere di cosa avrei voluto davvero parlare“.
Risultato è il film più personale mai realizzato dall’autore, testimonianza di come un padre adottivo e suo figlio abbiano costruito un rapporto affettivo mediato da una passione comune, imparando il valore del lavoro paziente e accurato. La famiglia, che si unisce nella costruzione di una barca su cui non salperà mai, mostra la stessa dedizione che il giovane François, diventato adulto, avrà nella meticolosa realizzazione di film in animazione tradizionale, disegnati a “passo uno”, ventiquattro fotogrammi al secondo.
In Una barca in giardino il regista non rende così solo omaggio ai propri genitori, ma celebra al tempo stesso il senso profondo dell’arte cinematografica, di quel sogno condiviso cui ha dedicato la propria intera esistenza, fin dal suo primo cortometraggio: La Demoiselle et le Violoncelliste del 1965.
FONTE: 8 1/2