Il 2021 di INCONTRI: Marco Manetti, i festival e lo streaming

La decima edizione degli INCONTRI di IDM Film Commission Südtirol (26-27 maggio 2021) si era svolta online su Zoom a causa della pandemia di Covid-19, ma senza rinunciare a partecipazioni di rilievo e discussioni su argomenti chiave per il settore audiovisivo, moderate da Alessandra De Luca e Torsten Zarges.

Ospite d’onore dello scorso anno il regista, sceneggiatore e produttore Marco Manetti, che col fratello Antonio forma il duo noto come Manetti Bros.. Erano intervenuti poi il Direttore della Mostra del Cinema di Venezia Alberto Barbera, la Presidente dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello Piera Detassis, il Direttore Artistico della Berlinale Carlo Chatrian e il Direttore dell’European Film Academy Matthis Wounter Knol, per un dibattito sul futuro dei festival e sul ruolo dei premi nell’odierno mercato cinematografico.

Anche nel 2021, inoltre, si era approfondito il nodo del protagonismo delle piattaforme streaming: il rapporto tra queste e la fruizione in sala era stato affrontato in particolare nella conversazione tra Nicola Maccanico, Responsabile di Istituto Luce – Cinecittà, Andrea Occhipinti, Responsabile di Lucky Red e fondatore di MioCinema, Anita Elsani, fondatrice e Responsabile di Elsani Film ed Elsani & Neary Media e Philipp Hoffmann, fondatore e Consigliere Delegato di Rushlake Media.

Manetti aveva raccontato il suo percorso nel cinema e nella tv, dall’episodio De Generazione di Consegna a domicilio (1994) all’ultimo lungometraggio Diabolik. Affermando tra l’altro di trovare un po’ stretta la definizione di “regista di genere”, perché «i film non sono generi, sono storie»: e ai Manetti Bros. interessa soprattutto raccontare le storie in cui credono, senza «preoccuparsi del genere», anche (e soprattutto) se quest’ultimo non è tra i più frequentati della cinematografia nazionale. Una libertà creativa il cui segreto, aveva sintetizzato Marco Manetti, sta in «una sorta di ingenuità, un pizzico di follia e anche di testardaggine».

Il regista aveva parlato inoltre della sua formazione cinematografica tra Hitchock e i B-movies italiani, anche se, aveva sottolineato, «i fumetti di supereroi sono la cosa con cui sono cresciuto di più, forse più dei film». Una riflessione di Manetti era stata poi dedicata al cinema nel periodo più difficile dell’era Covid. Secondo il cineasta un’occasione mancata è stata proprio quella di ripensare e ricollocare le storie in un contesto così inedito: «Se qualcuno prendesse i film di oggi tra dieci anni per farsi un’idea di come fosse la realtà, incapperebbe in un falso, perché i filmmaker hanno preferito nascondere la pandemia».

Alberto Barbera si era invece soffermato sull’importanza dei festival nel lancio dei film, sottolineando come, al netto delle opportunità (anche in termini di allargamento del pubblico) offerte dallo streaming, niente possa sostituire «il tipo di promozione che deriva da un festival dal vivo». Opinione condivisa da Piera Detassis, che aveva inoltre parlato dell’importanza che possono avere i premi anche per «l’evoluzione della carriera di un artista» (in termini di visibilità e sostegno al suo percorso grazie a una vittoria o anche solo a una nomination) e più in generale per «comunicare la passione per il cinema».

Una funzione diversa e complementare rispetto alla selezione delle nuove proposte operata dai festival, quella dei premi: trattandosi di «celebrare i film» dopo la loro uscita, come aveva rimarcato il Direttore dell’EFA Matthis Wounter Knol.  E si era dichiarato «fiducioso» per l’avvenire il Direttore della Berlinale Chatrian, che aveva spiegato come il festival del 2021 si fosse rivelato per lui e il suo team «un grande processo di apprendimento», dimostrando che «il cinema è molto flessibile», e confermando (al netto delle difficoltà portate dalle varie e prolungate chiusure) l’importanza dei festival per dare occasioni di visibilità ai film: «Molti di quelli che abbiamo selezionato hanno avuto ottimi riscontri in molte parti del mondo». 

Il dibattito sul rapporto tra sala e streaming aveva dal canto suo rinnovato l’idea di una possibile sinergia positiva tra queste due realtà. Nicola Maccanico aveva rimarcato come la sala restasse «un’esperienza di cui abbiamo bisogno» e «la coppa del mondo dell’industria audiovisiva» (anche per le stesse piattaforme), affermando però la necessità di «uscire dall’idea che i film di serie A vanno in sala e i film di serie B e C vanno in streaming». Infatti «ogni film è differente», aveva sottolineato Andrea Occhipinti, ribadendo in quell’occasione come la sua piattaforma MioCinema, volesse essere in questo senso «uno strumento complementare per il cinema», puntando a «creare una comunità» integrando le sale locali.

Sulla stessa linea Philipp Hoffmann parlando della piattaforma VOD di Rushlake Media, Kino on Demand, il cui scopo, aveva detto, non è tanto «convertire gli streamer in spettatori delle sale, perché molti streamer le frequentano già», piuttosto «ricucire il gap tra cinema e streaming», ovvero «il grande schermo, che è una parte cruciale dell’industria» e il potenziale vastissimo dell’offerta in rete, che rende «più grande la torta» senza che per questo si debba creare «una competizione interna al settore». Anita Elsani aveva inoltre messo l’accento sull’importanza del ruolo dei produttori nella scelta tra sala e streaming, poiché «a volte conoscendo il tuo film sai quale tipo di pubblico risponderebbe meglio». Vedremo come proseguirà il dibattito su questo tema apertissimo nelle giornate dell’undicesima edizione di INCONTRI.

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