Streaming e produttori, un’«età dell’oro» e di sfide

«Le regole stanno cambiando», sottolinea il moderatore Torsten Zarges nell’introdurre la discussione sul rapporto tra produttori cinematografici italiani e piattaforme streaming agli INCONTRI di IDM Film Commission Südtirol. Presenti Nicola De Angelis, Co-CEO e Responsabile Produzioni Internazionali di Fabula Pictures, Heinrich Ambrosch, Responsabile di Satel Film, Benjamina Mirnik-Voges, Vice Presidente Co-Produzioni Originali nei territori di lingua tedesca per The Walt Disney Company, e Gianluca Curti, Responsabile di Minerva Pictures Group

Il confronto è iniziato proprio con Curti, attualmente impegnato assieme a Paramount (in procinto di lanciare in Italia la piattaforma Paramount+, al centro del precedente approfondimento di INCONTRI) nella co-produzione di una serie tv su Oriana Fallaci. «Siamo sempre stati innamorati di questa fantastica icona del giornalismo», ha affermato Curti descrivendo la genesi del progetto, vincitore di un contest organizzato da Paramount. Che, afferma il produttore italiano (al suo esordio nella serialità dopo oltre 80 lungometraggi), ha dimostrato un «approccio molto democratico» alla collaborazione. Un’esperienza che finora ha portato a un «tunnel pieno di energia positiva», con l’inizio delle riprese previsto per gennaio 2023 e il debutto nel settembre dello stesso anno.

«Molta libertà» è quella che racconta di aver avuto Ambrosch da Netflix per la produzione della serie tv Freud (2020): «Ci ha attirato molta attenzione, che per una piccola compagnia non è male». Piccola e «con una lunga tradizione», essendo nata oltre cinquant’anni fa per iniziativa di Michael Wolkenstein (Ambrosch è Co-Responsabile dal 2007). Anche Nicola De Angelis e la sua Fabula Pictures hanno avuto un’esperienza molto ravvicinata con Netflix, quella della serie Baby (tre stagioni dal 2018 al 2020). «Siamo cresciuti molto», afferma al riguardo, «non solo in termini di prestigio ma anche di mentalità industriale». E parla di un’«età dell’oro» con cambiamenti rispetto ai quali «dobbiamo tutti essere preparati», in particolare i produttori la cui importanza «è cresciuta in questi anni».

Rappresentando il colosso disneyano, erede di una «forte tradizione narrativa, con i molti brand già esistenti», Mirnik-Voges sembra muoversi sulla stessa lunghezza d’onda della collega di Paramount+ Sabine Anger, confermando anche lei di voler declinare la ricerca di «storie potenti» attraverso un «approccio locale che dialoghi con i mercati del posto». Un impegno che intende concretizzarsi arrivando a 60 show prodotti con l’Europa entro il 2024: «Stiamo lavorando perché ciò avvenga».

E di età dell’oro, riferita tanto alle piattaforme streaming quanto ai produttori, parla allora anche Curti, e dove però, considerato il «livello incredibilmente alto» delle produzioni di soggetti come Disney o Apple, è necessario «raggiungere una maggiore qualità attraverso un diverso sistema di organizzazione economica». Un «elemento chiave», secondo De Angelis, «sono gli artisti», che dovrebbero «partecipare di più diventando produttori associati», in modo da aumentare il loro potere contrattuale con le stesse piattaforme. La strada, per Curti, è «una larga, onesta e, ripeto, democratica partnership tra grandi piattaforme e produttori indipendenti», posto che le prime «mettono molti soldi sul tavolo, ma sta al produttore indirizzarli nella giusta direzione».

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