Successi e incognite dell’audiovisivo: Andrea Scrosati e il panel Less is more

Diavoli, Blanca, This England, Bones and All, The Wonder, Limonov. Sono solo alcuni dei progetti, recenti o in arrivo, di Fremantle, il colosso dell’intrattenimento audiovisivo (di proprietà del gruppo tedesco Berteslmann e comprendente i marchi Wildside, The Apartment e Lux Vide), il cui filmato di presentazione scorre davanti agli occhi dei partecipanti agli INCONTRI di IDM Film Commission Südtirol – Alto Adige, presso il Kurhaus di Merano. La seconda parte della mattinata di giovedì 30 marzo è stata aperta proprio da Andrea Scrosati, che di Fremantle è Direttore operativo e Amministratore delegato per l’Europa continentale.

«La ragione per cui abbiamo avuto una buona crescita», spiega l’ospite, intervistato da Torsten Zarges, «è che abbiamo dei produttori fantastici. Tutto ciò che facciamo è il risultato di un team che è parte della nostra famiglia. E penso sia anche l’esito del guardare al nostro mercato in un modo diverso, cercando opportunità». Come esempi, Scrosati cita la storica soap opera australiana Neighbours e lo show Italia’s Got Talent. La prima sarà riportata in tv da Fremantle, grazie a un accordo con Amazon, che la ospiterà sul suo servizio gratuito con pubblicità Freevee. Il secondo, già in onda con successo su Sky, sbarcherà da quest’anno su Disney+, facendo dell’Italia il primo territorio dove il format Got talent approda su una piattaforma streaming. «Credo rappresenterà un precedente molto interessante», afferma il manager.

Tra le strategie di Fremantle rivendicate dall’intervistato c’è poi la diversificazione dei prodotti. Tra le novità più recenti, ricorda Scrosati, l’apertura alla produzione di documentari, con 55 produzioni realizzate nell’ultimo anno e 85 per il prossimo. Ma in generale non è un «prendere, prendere, prendere», specifica l’ospite, perché una selezione è quanto mai necessaria, specie quando si ha a che fare col creare e condividere storie. «Bisogna sedersi con le persone, capire i loro progetti e se sono compatibili. A volte mi capita di dire: “Non penso che possiamo essere partner, stai cercando qualcos’altro, non funzionerebbe tra noi”».

«Mettere insieme artisti, proprietà intellettuali, competenze tecniche» è allora per Scrosati una posta in gioco fondamentale di aziende come la sua, come lo sono «indagare le possibilità offerte da determinate istituzioni e supportare così i nostri produttori». Cita a questo proposito il lungometraggio Limonov di Kiril Serebrennikov, tratto dal romanzo di Emmanuel Carrère. «Lo stavamo girando in Russia, quattordici mesi fa, poi sappiamo cos’è successo», ricorda l’intervistato a proposito dello scoppio della guerra, che li ha portati a dover rintracciare in poche settimane un set alternativo in Europa per tutelare il team coinvolto nella lavorazione. «Il nostro team allora ha trovato un’opportunità a Riga».

Sulle prospettive future dell’industria, al netto delle incertezze dovute all’aumento dei costi e alla riduzione delle spese da parte delle piattaforme streaming, Scrosati si è detto «estremamente ottimista», ritenendo che «la quantità di contenuti richiesti dai consumatori non cambierà». Infatti, aggiunge, «guardando sul piano globale non è vero che il mercato sia in recessione». Anzi, «Disney, Warner, tutte queste realtà cercano grandi contenuti internazionali».

Come la serie The Last of Us, che il manager cita come emblema di cosa si può ancora fare e del riscontro che si può ottenere incrociando i linguaggi e le ambizioni: «Uno show incredibile, forte dal punto di vista commerciale, tratto da un videogioco, ma estremamente sofisticato». A tale proposito Scrosati specifica di non credere che le compagnie europee «siano rivali di quelle americane. Parlando della mia esperienza personale, l’Europa ha prodotto contenuti che hanno viaggiato per il mondo ottenendo un notevole successo anche negli Stati Uniti». Insomma, chiosa, «è sbagliato pensare che ci sia una sola direzione dell’oceano, dall’Europa agli USA».

Giulia Casavecchia, Carlotta Calori, Gudny Hummelvoll, Kristin Derfler e il moderatore Torsten Zarges durante il panel Less is more. Che fare quando il boom dello streaming è finito

Una visione positiva del futuro è stata condivisa anche dagli altri ospiti della mattinata, che hanno animato il panel Less is more. Che fare quando il boom dello streaming è finito. Tra queste, Carlotta Calori, managing partner di Indigo Film, fresca di nomination ai David di Donatello per il film Princess di Roberto De Paolis.

Di sicuro «il mercato sta cambiando e devi essere aperto», coniugando selettività e flessibilità, ma il bilancio tracciato dalla produttrice è positivo: «Produciamo ciò che ci piace», afferma, sottolineando l’attenzione alla qualità e al «lavorare con i talenti in formazione». E il pensiero va ad altri investimenti fortunati degli ultimi anni, come Metti la nonna in freezer (2018), l’esordio di Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana, ora sulla cresta dell’onda per la serie Amazon The Bad Guy.

La voce delle case di produzione europee indipendenti è anche quella della norvegese Gudny Hummelvoll (Amministratrice delegata di Hummerfilm e Presidente di European Producers Club) che, intervenendo al panel, ha rimarcato tra le altre cose come essere indipendenti non significhi necessariamente essere “piccoli”, ma piuttosto interfacciarsi liberamente con i vari broadcaster. L’esempio viene proprio dalle serie tv prodotte da Hummelvoll, come la commedia crime Lilyhammer, portata in tutto il mondo da Netflix.

A portare avanti il punto di vista degli autori c’era invece l’austriaca Kristin Derfler, la quale al netto della sua attività di creative producer (che la vede impegnata in altre fasi della lavorazione come ad esempio il montaggio) si considera «prima di tutto una scrittrice». Ribadendo in particolare l’importanza di «rimanere radicata nella mia professione». E auspicando di poter raggiungere l’indipendenza sufficiente «per decidere quale team sia migliore per un progetto».

La discussione ha anche riguardato la condizione degli esercenti cinematografici, non ancora pienamente risollevatisi dagli scossoni della pandemia e comunque in affanno di fronte alla concorrenza dello streaming. Anche da questa prospettiva è emerso un clima di generale fiducia, rinfocolata in particolare da Giulia Casavecchia, Direttrice vendite di True Colours Glorious Films, che tra i tanti film italiani ha portato all’estero anche Nostalgia di Mario Martone e La stranezza di Roberto Andò, nonché proprio Metti la nonna in freezer (venduto in oltre trenta territori).

Per Casavecchia, il cui lavoro, non per nulla, consiste anche nel «parlare con tutte le realtà», la distribuzione «sarà sempre più simile a un evento teatrale con le tournée», alla presenza di registi e attori. Infatti «è molto bello per il pubblico avere dei feedback dagli artisti. Penso che questo sarà il futuro».

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