“Sono stata fortunata ad aver cominciato da piccola, senza aver studiato recitazione e senza nemmeno aver avuto il sogno della recitazione: in realtà io volevo fare la cardiologa. Meno male che non è andata così, perché lì avrei dovuto avere una disciplina che non mi appartiene”. Sorride Valeria Golino durante il secondo appuntamento con Masters of Storytelling, condotto dalla giornalista Piera Detassis, direttore artistico e presidente dei David di Donatello (e per oltre vent’anni direttrice di Ciak), chiosando poi ironica “Mi piace quando le cose vengono facili”.
Valeria Golino, che ormai da anni oltre ad essere tra le attrici italiane dal più spiccato profilo internazionale è anche regista apprezzata negli Stati Uniti come in Europa e in questa stagione ha collezionato una messe di David di Donatello e Nastri d’Argento sia per la serie L’arte della gioia, da lei diretta per Sky da un racconto di Goliarda Sapienza (serie approdata anche al cinema l’estate scorsa), sia per la sua interpretazione della scrittrice da lei offerta in Fuori di Mario Martone, presentato in concorso a Cannes.
“Su Goliarda Sapienza ho trascorso cinque anni della mia vita. Inizialmente volevo fare un film su L’arte della gioia, poi quando nel tentativo di ridurre la sceneggiatura a turno io e le mie due cosceneggiatrici avevamo crisi narcolettiche ci siamo rese conto che non sarebbe mai stato possibile ridurre il tutto e in due anni di scrittura abbiamo realizzato la serie di cui ora potrebbe esserci anche una seconda stagione, ma che questa volta non vorrei necessariamente dirigere in prima persona”.
Quando Detassis le chiede se lei si senta una ribelle come la Modesta di L’arte della gioia, Golino risponde sincera: “No, se fossi stata una vera ribelle non sarei qui, perché la ribellione ha delle conseguenze che ti devi assumere. Diciamo che come Modesta mi sono adattata per fare del mio meglio: mi ribello ai concetti, ma nella vita mi sono adattata. Il mio cinema è un lavoro intellettuale in cui posso essere coraggiosa, anche se poi nella vita sono cauta. Ribellarsi porta conseguenze che non ho mai voluto vivere e ho scelto di viverle nei personaggi che ho interpretato e scritto”.
Parlando della situazione attuale del nostro cinema chiosa: “Sarebbe un bel momento se non fosse un brutto momento. Tra governo, cultura e spettacolo ci sono strani fraintendimenti, ma vedo che la nostra industria, pur zoppicante, è piena di giovani talenti e anche noi vecchietti ce la giochiamo”. Intanto Golino ha appena finito di interpretare Gioia in La Gioia (“Qui non c’entra nulla Goliarda Sapienza, il titolo è solo il nome della protagonista” ride lei) di Nicolangelo Gelormini regista con cui collabora dal 2021, quando è stata protagonista di Fortuna.
“Qui Nicola mi ha imbruttita, ma senza usare una maschera, mi ha solo fatto un naso più pronunciato, gli occhi scuri e messo una cosa sul mento. Mi ha fatto impressione vedere quanto fosse facile diventare brutta!”. La chiusura di Gelormini la smentisce perché, dice, “Puoi anche imbruttire Valeria, ma la sua anima è talmente forte che ha reso bello un personaggio brutto: ed è tutto merito suo”.