C’è una eco pasoliniana che si amalgama con le atmosfere dei videoclip degli anni ’90 sulle note della musica rap contemporanea nella serie Hype, presentata all’Italian Global Series 2025 e in arrivo su Raiplay, diretta da Fabio Mollo (Il padre d’Italia, 2017; Nata per te, 2023) e Domenico Croce (Vetro, 2022). Racconto della realtà dei giovani di periferia vista e vissuta attraverso il QT8 di Milano con le musiche di Ernia e la partecipazione dei 2Rari.
Hype, la serie
Anna, Luca e Marco sono tre ragazzi cresciuti nel QT8 di Milano, un’amicizia profondissima e grande passione per la musica li lega. Quando una casa discografica affermata, la Parsifal, offre loro un contratto, i tre amici sono al settimo cielo, il loro sogno più grande sembra essersi realizzato. Ma, mentre la loro libertà creativa comincia a scontrarsi con le esigenze di un mercato che cerca solo di produrre hit di successo, i tre amici devono fare i conti anche con un quartiere che ha le sue dinamiche e i suoi equilibri pericolosi da intaccare. Tra pressioni, intimidazioni e violenza, il percorso artistico di Anna, Luca e Marco si trasforma in una sfida per la sopravvivenza.
“Hype è il racconto di un’amicizia messa alla prova, di un sogno che si scontra con la realtà e di una generazione che cerca la propria voce”, recita la sinossi della serie, scritta da Gemma Pistis, Salvatore De Mola, Giulio Lepri, Libero Pastore e interpretata da Martina Sini, Gabriele Careddu e Lorenzo Aloi. Prima di girare la serie i giovani attori con sceneggiatori e registi hanno vissuto per due settimane nel quartiere, negli ambienti e al fianco delle persone reali con cui i personaggi di Hype interagiscono nella storia.
“C’è stata una preparazione da fare sulla lingua, sulla musica rap e su tutte le dinamiche dei personaggi. Abbiamo vissuto tutti assieme per due settimane prima di andare sul set, proprio per creare la ‘famiglia’ di cui poi si parla nella serie e per creare questo rapporto profondo con il quartiere”, spiega il regista Fabio Mollo, direttore dei primi due e degli ultimi due episodi della serie.
Il contributo di Ernia
Il QT8, un quartiere sperimentale sorto nel secondo dopoguerra che mischia grandi condomini popolari a ville borghesi circondati da ampi parchi, è probabilmente tra i principali protagonisti di Hype, che vive molto anche delle musiche e del contributo portato dal cantante rap Ernia.
“Ernia ci è stato molto vicino – racconta Domenico Croce, autore dei due episodi centrali di Hype – Era molto preso da tutta quanta la creazione del progetto. Abbiamo girato nel bar dove lui andava a fare colazione. Abbiamo fatto tanti discorsi insieme e lui ci ha condiviso i suoi ricordi sul quartiere. Ci ha fatto conoscere gli amici che sono cresciuti con lui e ci ha aiutato a fare location scouting per individuare i luoghi più nascosti, ma effettivamente più frequentati dai giovani, dove si creano anche le situazioni in cui nasce quel tipo di musica e dove crescono questi artisti”.
Da Pasolini a Shameless
Un teen drama dalle tinte molto forti, Hype è girato in un bianco e nero che spesso si tinge di macchie di colore allo stesso modo con cui le parole di un brano di musica rap saltano fuori dal testo in maniera più vivida delle altre per sottolineare un’emozione o un pensiero.
Da Pasolini a Kassovitz, Ladj Ly e Andrea Arnold, Fabio Mollo racconta degli autori che con il loro linguaggio crudo ma poetico hanno meglio saputo raccontare la periferia nel cinema e che hanno dato a lui e a Croce l’ispirazione maggiore per la serie. “Siamo in un cinema un tempo definito underground che fa della periferia e della vita dal basso un po’ il suo marchio di fabbrica”. Un periferia vitale, a volte anche luminosa e gioiosa, che gli stessi registi conoscono e riconoscono bene anche per esperienza personale. “E poi c’è Shameless, la nostra serie cult, un riferimento molto importante per noi, potrei dire che molti personaggi sono quasi ‘shamelessiani’ in Hype. E ci sono i videoclip degli anni ‘90, perché tutta la musica rap di quegli anni ha una grandissima eco nella musica rap di oggi, ispirarci a quel linguaggio visivo per noi è stato molto importante”.