150 titoli provenienti da 34 Paesi diversi. 13 anteprime mondiali, 4 internazionali e 42 anteprime italiane con ben 92 case di produzione coinvolte. Questi i numeri d’esordio dell’Italian Global Series Festival di Rimini-Riccione ideato e organizzato da APA (Associazione Produttori Audiovisivo). “Abbiamo ricevuto serie da tutto il mondo che è un dato davvero sorprendente” gongola Marco Spagnoli, direttore artistico della kermesse romagnola alla vigilia dell’inizio del Festival, che oggi entra nel vivo con ben 32 serie in competizione divise in tre categorie (Limited, Drama e Comedy), valutate da altrettanto prestigiose giurie presiedute dai registi: Bille August, Cristina Comencini e Paolo Genovese.
Prestigiosi Presidenti ma che mi dice degli altri giurati?
“Sono giurati che hanno accettato molto volentieri il loro compito. Sono talmente entusiasti che tutti hanno chiesto di vedere integralmente le serie e non soltanto le puntate che verranno trasmesse qui al Festival. I giurati per me devono rappresentare pubblici diversi. Infatti nelle nostre ci sono professionisti italiani e stranieri, registi e attori affermati, ma anche giovani talenti. Abbiamo tre diverse giurie per ciascuna categoria. Ci siamo ispirati agli Emmy Awards, che sono il più grande riconoscimento televisivo del mondo”.
Ha avuto piena libertà nella scelta dei giurati?
“Assolutamente! Non ho avuto nessun tipo di pressione. Ovviamente ho raccolto molti suggerimenti ma ho seguito solo alcuni semplici criteri: che la giuria fosse autorevole, qualificata, internazionale, diversificata, e che fosse la rappresentazione di varie esperienze professionali oltre che di sensibilità differenti“.
È stata dura la selezione delle serie in concorso?
“Molto! La selezione è stata veramente difficile perché c’erano tante storie belle e interessanti, alcune veramente sorprendenti. Mi è dispiaciuto molto dire anche dei no, ma trentadue serie in concorso mi sembravano più che sufficienti. Al Festival saranno presenti anche tante star. Mai ci saremmo aspettati questo enorme riscontro internazionale“.
Poche le serie italiane in competizione, anche se molto presenti nel programma, paura della gara?
“Di opere italiane in competizione ne abbiamo 4 e mezzo visto che Kabul è una coproduzione europea, tra cui l’Italia. Su trentadue titoli in concorso mi sembra che comunque ci sia una percentuale di prodotto nazionale interessante. D’altro canto il Festival è stato annunciato, per questioni logistiche, relativamente tardi. Molti prodotti, penso soprattutto alle serie Comedy, sono già uscite. Il mio augurio è che in futuro magari alcuni titoli saranno prodotti e pensati anche per partecipare a questo Festival”.
Pur di avere alcuni prodotti italiani avete istituito una sezione ad hoc, perché?
“I titoli che abbiamo inserito nella sezione Showcase non sono ancora del tutto pronti, ma verranno presentate solo alcune pillole del prodotto. Questa sezione potrebbe diventare ciò che gli up front rappresentano per i programmi quando si presentano i palinsesti televisivi. Una sorta di anticipazione al mercato, ai giornalisti e al pubblico, di quello che succederà da un punto di vista della serialità nella stagione televisiva successiva“.
Ci sono anche alcuni eventi Amarcord con serie del passato. Perché questa scelta?
“Io vengo dalla scuola di Felice Laudadio, che ha fatto del racconto della memoria una celebrazione. Riproporre i tanti titoli del passato che hanno fatto la storia della televisione contemporanea è un elemento di grande valore. Invitare alcuni talenti che hanno interpretato delle serie di successo e che sono rimasti nel cuore della gente è un regalo che facciamo al pubblico, perché il nostro vuole essere un festival per il pubblico. Trovo giusto che ci siano dei momenti in cui gli spettatori possano venire a vedere i loro beniamini, anche del passato, dal vivo“.
Numerosi anche i premi.
“In Italia non esiste più un premio televisivo e questo è gravissimo, lo sostengo oramai da molti anni. Noi ospiteremo il premio Maximo che è il riconoscimento dell’APA ai migliori protagonisti del settore audiovisivo. Mi piacerebbe che il nostro Festival diventi un po’ quello che in Gran Bretagna rappresentano i BAFTA”
Perché avete scelto di premiare quest’anno Elena Sofia Ricci e Carlo Verdone?
“Elena Sofia Ricci è la regina indiscussa della serialità, ha fatto delle cose importantissime e che piacciono molto al pubblico. La sua filmografia è immensa. E poi lei fu anche la prima madrina del Roma Fiction Fest e quindi è anche un po’ come chiudere un cerchio. Quello a Verdone è un premio non solo al grande successo di Vita da Carlo ma anche al suo coraggio di fare una serie, alla sua capacità di reinventarsi in un momento in cui il cinema era fermo a causa del Covid. E lui è riuscito a fare una serie bellissima, divertente e piena di aneddoti e non era per niente scontato che fosse un così grande successo”.
Esiste ancora la distinzione tra fiction e serie?
“La distinzione tra fiction e serie resiste oramai solo in Italia. Fiction è solo uno slang, un termine desueto che ormai capiscono solo in Francia e in Italia. In tutto resto del mondo le serie definiscono una macro categoria che comprende tutto”.
Ci dica tre titoli di serie fondamentali, quelle da vedere assolutamente.
“I tre titoli che mi hanno davvero influenzato e aiutato a capire che cos’è la serialità sono: Six Feet Under che è la serie contemporanea che ha davvero lanciato tutto. Pensa che Gianni Amelio sostiene che c’è una scena, adesso non ricordo in quale episodio, che per lui è il punto più alto del cinema, quindi non solo della televisione americana. Chernobyl che per me è l’equivalente dei ‘I fratelli Karamazov’ o al livello televisivo di ‘Delitto e castigo’. Una serie davvero pazzesca. Twin Peaks perché nonostante le sue imperfezioni, le sue tante ridondanze, dopo 35 anni, l’ho rivista recentemente con i miei figli, è ancora una cosa da cui non riesci a staccare gli occhi. È il monolite della televisione. È la follia di un genio assoluto, che in passato ho avuto modo di conoscere bene, per via di un progetto, di un documentario da realizzare su di lui”.
David Lynch verrà anche omaggiato durante il Festival.
“Sì proprio per celebrare il legame tra Federico Fellini e David Lynch, che io sinceramente pensavo fosse di dominio pubblico e invece sto scoprendo che molti non sanno che lui era un grande fan di Fellini. Infatti, nelle sue opere ci sono delle forti analogie. Questo nonostante i due fossero artisti completamente diversi e estremamente originali. Del resto, molti prodotti che sono venuti dopo hanno beneficiato, più o meno inconsciamente, del genio e della scrittura di Lynch”.