RICCIONE – Un nuovo progetto da regista di serie, dedicato al giudice Rosario Livatino e la memoria che va indietro di 40 anni al successo memorabile – mai più raggiunto da un titolo italiano – in Italia e in molti paesi del mondo, dall’Europa, alla Russia, persino al Vietnam, con lo sceneggiato che ha portato il nostro Paese nell’era moderna dell’Audiovisivo: La Piovra. Michele Placido si è lasciato ieri condurre per mano sul sentiero dei ricordi, e su quello dei progetti futuri, nell’appuntamento con Master of Storytelling del Global Series Festival. A guidarlo, Giulio Base, regista e direttore del Torino Film Festival, che proprio con Placido protagonista realizzò 25 anni fa il successo del Padre Pio seriale che resta una delle serie più viste di sempre su Raiuno. “E pensare – ha raccontato Placido, 79 anni appena compiuti – che non volevo farla. Perché Canale 5 ne aveva realizzata un’altra su Padre Pio nello stesso anno. Fu mia madre a convincermi: “Hai girato di tutto, proprio a Padre Pio devi rinunciare?”. Placido è di Ascoli Satriano, un paese del foggiano a pochi chilometri da Pietralcina, dove Padre Pio era nato. “ma ho forti legami con la Sicilia – ha raccontato – anche per via della Piovra”.
Era il 1984 il commissario Corrado Cattani ne La piovra. “Damiano Damiani mi affidò il ruolo del Commissario Cattani che lottava contro la mafia dopo aver lavorato con lui nel film Un uomo in ginocchio, in cui interpretavo un serial killer che non vedeva bene, al fianco di Giuliano Gemma. Damiano voleva che interpretassi il ruolo di un commissario rassicurante. Nessuno si aspettava quel successo. Furono realizzate dieci stagioni, io ho deciso di far morire il personaggio alla quarta. Avevo bisogno di cambiare pelle. Anzi, a dire il vero, ebbi dubbi anche nel realizzare la terza, grazie alla quale mi comprai finalmente una casa, e la quarta, con la quale la comprai ai miei”. La Piovra si trasformò in un caso di costume: “Quando Cattani fu ucciso mezza Italia si fermò. Le prime pagine dei giornali erano su di lui. Fu la prima serie crime della storia”.
Placido ha confermato anche un aneddoto che girò all’epoca: “La Rai sperava di convincermi a restare, e girammo tre finali: in uno, morivo, nel secondo venivo ferito gravemente, ma sarebbe rimasta la speranza di un mio ritorno, nel terzo mi limitavo a salutare e partire”. Definito da Base “il patriarca della fiction italiana”, Placido ha partecipato negli anni a tante serie: nel 1999 è stato Enzo Tortora in Un uomo perbene diretto da Michele Zaccaro: “Sono sicuro che Marco Bellocchio abbia realizzato una serie sorprendente. Noi facemmo un film che ha cercato di raccontare da un punto di vista di realtà storica la vittima di un errore giudiziario”. Poi, il ruolo di Giuseppe Soffiantini, l’imprenditore bresciano sequestrato dall’anonima sarda, nella miniserie del 2002 diretta da Riccardo Milani. “Era un personaggio discreto che ha vissuto un brutto sogno. La mia è stata una recitazione tutta sottotono, mai urlata”. Nel 2008, il ruolo di Aldo Moro nella miniserie di Gianluca Maria Tavarelli. “Per il personaggio ho pensato alla tenerezza di mio padre che era andato diverse volte a Roma con Moro, facendo parte dell’azione cattolica. Non ho voluto farne un’imitazione, ma ho lavorato con il cuore”.
Nel 2005, sul grande schermo Placido ha diretto Romanzo criminale, che ha ridefinito il racconto del crime italiano. “Venivo da un insuccesso a Venezia e quando il produttore Riccardo Tozzi mi chiamò per il progetto, proponendomi un film basato sul romanzo del magistrato-scrittore Giancarlo De Cataldo. Ho scelto attori che sono diventati poi grandi nomi: Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Riccardo Scamarcio, Elio Germano, Claudio Santamaria. Abbiamo trascorso dieci giorni in ritiro sul lago di Bracciano insieme agli attori per conoscerli bene personalmente. Ho chiesto a ciascuno di loro di fare ricerche sui loro personaggi, perché volevo che entrassero bene nel ruolo”. A lui si rivolse Cattleya per realizzare la serie, diretta da Stefano Sollima, dove Placido si è occupò tra le altre cose del casting. Poi è arrivata la regia dei primi due episodi di Suburra-La serie. Ora è pronto per girare, da settembre per Rai Fiction, Il giudice e i suoi assassini dedicata a Rosario Livatino, il magistrato assassinato a 37 anni nel 1990 ad Agrigento dalla Stidda. L’unico laico beatificato dalla Chiesa come martire della giustizia e della fede. “Sarà un crime in quattro episodi che celebra un martire, un uomo che ha lasciato un segno. Mi sono trovato in Sicilia casualmente quando ci fu il primo accenno alla sua beatificazione. Il film fatto su di lui poco dopo che fu ucciso non poteva far conto di cose che ho scoperto successivamente. Quando Papa Bergoglio seppe del progetto, mi chiamò in Vaticano per sapere che cosa volessi raccontare”, ha rivelato. Il protagonista della serie sarà “un giovane attore che ha lavorato con Gianni Amelio”. Probabile, quindi, il coinvolgimento di Leonardo Maltese, il giovane talento lanciato da Il signore delle formiche.
Guardando al suo futuro Placido, 79 anni, ha detto. “Il tempo che mi resta è quello che è. Ancora mi offrono tanti progetti come attore, ma voglio dedicarmi alla regia e alla scrittura. Al massimo proseguirò le tournée a teatro”.