Noi del rione Sanità, Luca Miniero: «Un racconto favolistico per una storia vera»

Luca Miniero e la protagonista Bianca Nappi raccontano a Riccione la nuova serie ispirata alla storia vera del parroco Don Antonio Loffredo che è riuscito a riqualificare dal degrado il rione Sanità di Napoli

È una delle serie più attese della prossima stagione e racconta la storia vera di un sacerdote e della sua battaglia per la riqualificazione umana e culturale di un territorio marginalizzato e abbandonato. Noi del rione Sanità, serie tv in 6 episodi in onda in 3 serate a ottobre in prima visione su Rai 1, è ispirata alla storia vera di Don Antonio Loffredo il parroco che ha risollevato uno dei quartieri più degradati di Napoli. Diretta da Luca Miniero e scritta da Salvatore Basile, Angelo Petrella e Bendetta Gargano, la serie è stata presentata in concorso all’Italian Global Series 2025.

Tratta dall’omonimo libro di Don Antonio Loffredo e stimolata dalle suggestioni del documentario Posso entrare? An ode to Naples di Trudie Styler, Noi del rione Sanità è la storia di Don Giuseppe, un prete visionario, ostinato e rivoluzionario, interpretato da Carmine Recano, che arriva nel rione Sanità in un momento storico in cui i giovani crescono senza speranze e la malavita imperversa. Il nuovo parroco intende restituire dignità al quartiere attraverso la valorizzazione dei luoghi artistici e culturali.

L’idea nasce dai produttori Maria Carolina Terzi, Lorenza, Carlo e Luciano Stella di Mad Entertainment che hanno sempre avuto grandi rapporti col il quartiere Sanità e hanno praticamente inventato questa serie. Per fortuna ci sono capitato di mezzo io. Per me ritornare a girare a Napoli, in particolare in quel quartiere, che quando ero piccolo era considerato off limits, è stato molto emozionante”, racconta a Ciak il regista Luca Miniero.

In Noi del rione Sanità Don Giuseppe aiutato da Suor Celeste, nella serie incarnata da Bianca Nappi, comincia a riportare alla luce la bellezza nascosta del quartiere che si trasforma anche in strumento di salvezza per i giovani abitanti.

Suor Celeste è un personaggio reale che diventa un po’ il braccio destro di don Antonio, ma è una suora con un passato molto originale – racconta Bianca Nappi a Riccione – Incontra don Antonio, che nella serie si chiama don Giuseppe, in un momento di scoraggiamento perché la situazione del quartiere Sanità è disperata. Suor Celeste però si aggancia all’entusiasmo del parroco e ad un certo punto capisce che c’è bisogno di più verità nel quartiere, tanto che decide di cominciare a girare senza il velo

Miniero racconta di aver ritrovato al momento delle riprese un quartiere estremamente migliorato, non più in mano alla camorra, che si porta dietro solo problemi comuni a tutta Napoli: “Per un napoletano è una soddisfazione enorme vedere questo rione così riqualificato, è un grande segno di speranza”. Don Antonio con la sua azione è riuscito a restituire alla collettività dopo duemila anni il patrimonio delle catacombe di San Gennaro e San Gaudioso. “La serie racconta qualcosa di molto vero – spiega Bianca Nappi – Nonostante le problematiche che ci sono state, il rione oggi è un luogo di arte e di storia pazzesco che non avrei mai scoperto se non fosse stato per questa serie”.

Di Don Antonio, che ha partecipato in prima persona alla preparazione della serie, Miniero dice: “Conoscendolo di persona ho capito che appartiene a quel tipo di napoletano pieno di energia, visionario, mai pessimista, è tutt’altro che un religioso dal punto di vista del dialogo immediato, una persona molto pratica”.

Noi del rione Sanità è un racconto dalle sfumature molto particolari e inaspettate per una serie di questo genere: “Volevamo una storia che fosse per certi aspetti poco realistica, nel senso che volevamo differenziarci dal punto di vista visivo e abbiamo cercato un racconto più favolistico. Quindi ci siamo ispirati più ai modelli del cinema italiano classico come Pane amore e fantasia o anche dei film del cinema francese come Chocolat, privilegiando un racconto anche lento e delicato più che l’aspetto action”.

Ho certamente sentito la responsabilità di raccontare una storia vera, un po’ perché sono napoletano anche io, un po’ per il rispetto dovuto a Don Antonio, ma sono contento di come è venuto il racconto”, conclude Miniero a Riccione.

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