Domenica 1 Settembre 2020

Pandemia e Memoria

Tra il 1918 e il 1920 l’influenza spagnola ha ucciso decine di milioni di persone nel mondo, infettandone circa 500 milioni su una popolazione di 2 miliardi. I morti per quella pandemia sono stati 50 milioni, ma la cifra esatta fluttua enormemente a seconda delle fonti. Tra i contagiati più celebri sopravvissuti al virus si ricordano Walt Disney, Edvard Munch e Franklin Delano Roosevelt, ma ad esempio Guillaume Apollinaire, Egon Schiele e la moglie Edith non ce la fecero.

Eppure di quel flagello globale, dal punto di vista artistico, non esiste traccia: cinema e letteratura non hanno mai toccato l’argomento e i sopravvissuti non ne hanno nemmeno parlato con figli e nipoti, quasi fosse stato qualcosa di vergognoso da seppellire sotto la sabbia. C’è stata insomma una forma di rimozione totale, una perdita selettiva della memoria per cancellare un trauma inaspettato. Esattamente 100 anni dopo il Covid-19 è venuto a sconvolgere le nostre vite, ma questa volta le cose sembrano andare in modo totalmente diverso.

 

Fin dai primi giorni del lockdown gli artisti hanno raccontato in ogni modo possibile quanto stavamo vivendo, creando un prezioso archivio emotivo del nostro tempo e un patrimonio inestimabile per le generazioni successive. Solo guardando in faccia il problema, infatti, solo prendendo atto dei rischi e proteggendoci in modo corretto supereremo questa prova, uscendone diversi, ma sicuramente più maturi.
Se persino La voix humaine, grazie a Tilda Swinton, diventa metafora del lockdown, abbiamo la certezza che questa volta non dimenticheremo e che il cinema ci salverà, alla faccia di chi, senza alcuna etica, ancora osa minimizzare i rischi, per biechi quanto miopi interessi personali.

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