Non sono del settore, né giornalista, né critico né tanto meno dell’industria cinematografica. Mi piace però farmi rapire dal cinema: sognare, fantasticare, precipitare – e spesso schiantarmi – nelle realtà più scomode o nascoste. E poi, dopo 18 mesi di smart working, incorniciato dallo schermo del mio computer, ho bisogno di volare un po’.
E allora via per la 78ª Mostra del Cinema di Venezia. Registrazione a boxol (a me è andata meglio che a Stefano Disegni, intrappolato per alcuni giorni tra le spire digitali del “Sistema”), studio del programma e dolorosa scelta, per i miei striminziti tre gg al Lido, tra vaporetti e proiezioni: Cenzorka (incuriosita dai sei mesi del regista passati nel carcere di Odessa ad intervistare le “107 madri”), È stata la mano di Dio di Sorrentino (perché è Sorrentino!), The lost daughter (avevo letto il libro della Ferrante), La ragazza ha volato (per quei bei pugni allo stomaco che sanno regalare le ideazioni dei Di Innocenzo) e Il buco (la Calabria è la mia seconda terra).
Mi accoglie un improbabile cielo terso, l’acqua ferma e sempre in movimento della Laguna, il silenzio di Venezia – zero auto, già questo un sogno – e poi il Lido, palazzetti liberty, ponticelli, giardini, canali e arrivo al Palazzo del Cinema. E lì respiro il fermento, l’energia, il sogno, il lavoro, l’entusiasmo. Proiezioni, lectio magistralis, red carpet, redazioni improvvisate fra i divanetti della terrazza Campari, i dreads degli operatori e gli abitini di lamè delle ventenni, gli arrivi delle star sui Riva ed i fan accalcati sul ponte dell’Excelsior, in attesa di un sorriso del loro idolo di turno. E poi gli schermi delle varie sale, la splendida nitidezza delle immagini, la qualità del sonoro, il mare intorno. Insomma un film nel film. Torniamo al cinema!
Francesca Romana Pucci