La mostra della memoria, per capire il futuro

La memoria e i suoi segreti. Il passato come chiave per il presente. Il ritorno di traumi che credevamo di esserci buttati alle spalle. La ricerca di un padre, o almeno di un’identità, compiuta con ogni mezzo. Fosse pure scavare in una fossa comune. Come in Madres paralelas di Almodóvar, o ne La caja del Leone d’oro 2015 Lorenzo Vigas. Sarà un caso, sarà che stiamo entrando in una nuova era, ma in questo fatidico 2021 i tre quarti dei film in concorso (e moltissimi altri, in tutte le sezioni) giocano sulla necessità di rivivere, interrogare, rimettere in scena il passato. L’outsider Audrey Diwan, nel film-choc L’événement, una delle grandi sorprese della Mostra, torna all’aborto compiuto nei primi anni ’60 dalla scrittrice Annie Ernaux per darci un film sul corpo delle donne e lo sguardo dei maschi incredibilmente contemporaneo proprio perché ricrea con tutta la precisione del mondo (gesti, luci, colori, posture, passioni, paure…) un passato che sembra preistoria. Penélope Cruz spiega all’attonita Milena Smit in Madres Paralelas che non capirà mai nulla della sua vita se non conosce non solo la sua storia ma quella di chi l’ha preceduta. E ancora: Paolo Sorrentino fa il suo film più festoso e funereo, più intimo e insieme fantastico, affrontando con gioia e libertà la frattura che fu decisiva per la sua vita e la sua arte. Stefano Mordini torna ai nostri peggiori anni ’70 con un film destinato a scatenare polemiche proprio per le scelte di racconto (poca politica, molta scuola e famiglia). Il buco di Frammartino sospende la sua avventura sotterranea e metafisica a riferimenti storici precisissimi (il 1961, il Pirellone, il boom economico). Mentre Mario Martone, in Qui rido io, si muove non meno liberamente dentro la storia artistica e personale di uno dei grandi padri – in tutti i sensi – del teatro ma anche del cinema italiano, e forse non solo italiano come si vedrà. Dandoci, con l’Edoardo Scarpetta di Toni Servillo e la sua corte di figli, donne, amanti, commedianti, quella grande riflessione sulle proprie origini che il nostro spettacolo non aveva mai avuto il coraggio di affrontare. Il punto d’arrivo di un lungo percorso. E insieme un nuovo inizio.

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