Una mostra dai numeri pre-Covid

«Sembra di essere tornati indietro di tre anni», a prima dell’emergenza Covid. È in queste parole del Presidente della Biennale Roberto Cicutto la sintesi del bilancio di metà percorso della 78ma Mostra del Cinema di Venezia, estremamente positivo sia nei numeri (altissimi) della fruizione, sia in quelli, praticamente inesistenti finora, del Covid. «Gli accreditati sono il 60% in più della scorsa edizione – ha spiegato Cicutto – e c’è stato una sorta di “assalto alla diligenza”: 23.713 i biglietti venduti al 5 settembre (erano 13.162 nel 2020 e 28.741 a fine mostra 2019), 676 abbonamenti (281 nel 2020), 9.800 accrediti (6.908 nel 2020, 12.800 a fine rassegna nel 2019) e molti più giornalisti stranieri». Un successo anche l’operazione green pass: solo il 10% degli accreditati non è vaccinato, ed effettua tamponi antigienici rapidi ogni 48 ore. Finora, nessuno dei sei casi positivi riscontrati dal test rapido antigienico è stato confermato dal molecolare.

E se Cicutto, impegnato a traghettare verso la neutralità carbonica la Mostra già dal prossimo anno, sta anche studiando il modo per ampliare ancora la capacità di accoglienza delle strutture della rassegna, con il rifacimento della sala Perla 2 al terzo piano del Casinò e la possibilità di una nuova struttura temporanea simile alla Sala Giardino, e non nega qualche ritardo iniziale nel funzionamento della piattaforma di prenotazione Boxol, il direttore Alberto Barbera sottolinea che «indietro non si torna, si può solo andare avanti e migliorare», rivendicando il ruolo di volano che la Mostra sta svolgendo per il rilancio del cinema: «Un festival può avere una funzione di stimolo per la fruizione. È il nostro impegno. Il livello qualitativo medio dell’offerta – sottolinea – è molto più alto del solito. Notiamo la crescita dalle piattaforme, dovuta certo anche al lockdown, in termini non solo di distribuzione, ma anche di produzione. E anche questo si traduce in un nuovo slancio».

Barbera spiega che i film italiani alla Mostra «sono più o meno lo stesso numero di altre edizioni, solo che stavolta quelli in concorso sono cinque invece dei consueti tre o quattro», e «ad attirare l’attenzione è soprattutto la qualità generale del nostro cinema, che sta vivendo un momento di grazia», del quale la Mostra è la rappresentazione. Per il direttore della Mostra, «è positivo per tutti che la rassegna veneziana possa accogliere anche le grandi produzioni di Hollywood, perché ciò si traduce in maggiore luce anche per le proposte meno popolari». E se è vero che Venezia in questi ultimi anni ha premiato film poi risultati vincenti nella notte degli Oscar, da La la land a La forma dell’acqua, a Joker, Barbera precisa: «Non ho mai pensato di fare un cartellone in chiave Oscar, anche se sono felice, ovviamente, di quanto è capitato fino ad oggi, perché ci ha aiutato a ricostruire un bel rapporto con gli Usa e ad essere attrattivi per le produzioni che apprezzano questa vetrina». Il suo vero cruccio è rappresentato semmai dalle limitazioni nella capienza delle sale: «C’è stato un momento, nei giorni precedenti al decreto di fine luglio su green pass e tamponi, in cui ho sperato nella riapertura senza contingentamento delle sale, come accaduto in Francia: faccio fatica a comprendere perché non sia avvenuto. Mi piacerebbe capire perché in treno e in aereo si possa evitare il distanziamento, e in sala no». In ogni caso, garantiscono Barbera e Cicutto, la Mostra di Venezia non rinuncerà alla sua doppia anima, dedicata la prima alla critica e agli addetti ai lavori, e la seconda a una fruizione più larga possibile da parte del pubblico: «Fa parte del suo DNA». Mentre non è in agenda l’apertura del concorso anche a prodotti seriali di qualità: «Ci starebbero – conclude Barbera – come cavoli a merenda».

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