L’Independence Day del cinema mondiale

È stato un lungo viaggio quello degli ultimi 18 mesi. Lungo quasi quanto andare su Arrakis per Denis Villeneuve e il suo equipaggio. Lo è stato per il Festival di Venezia, che l’anno scorso con un grande coraggio, accompagnato da una organizzazione impeccabile, si è preso la responsabilità di ricordare al mondo che il cinema non ha alcuna intenzione di morire, né tantomeno di essere costretto solo su schermi casalinghi. Per questo, al di là dell’evento cinematografico in sé, che è comunque senza dubbio il più importante visto in un festival da due anni a questa parte, l’anteprima mondiale di Dune assume molti altri significati. Uno su tutti: da ieri, il cinema di tutto il mondo ha gli occhi su quest’isoletta dell’arcipelago veneziano, dove si sono date appuntamento, per l’anteprima mondiale più attesa ai quattro angoli del mondo, molte tra le più grandi stelle del cinema del momento. Timothée Chalamet e Zendaya sono non solo il futuro della galassia immaginata da Frank Herbert. Sono parte del futuro del cinema stesso, quello fatto ancora di folla urlante che, come ieri al Lido, attende ore e ore dietro le transenne nella speranza di un autografo, una foto, un saluto. Per sognare, come si faceva una volta, neanche troppo tempo fa, e gli entusiasmi accesi ieri dalle star di Dune per le vie del Lido hanno dimostrato poter tornare ad accadere. Assieme a loro due, un’altra generazione di attori, Oscar Isaac, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Javier Bardem, e con loro gli altri talent che in questa impressione di settembre hanno calcato il red carpet veneziano. Kristen Stewart, che nei panni di Lady D, la principessa triste, ha fatto rivivere una favola tanto bella quanto tragica. Maggie Gyllenhaal, attrice raffinata passata dietro la macchina da presa e che ha diretto un cast al femminile strabordante di talento (tra cui Olivia Colman e Dakota Johnson), che hanno letteralmente stregato stampa e pubblico con il loro The Lost Daughter. E in questo trionfo di Hollywood, di un grande autore come Pablo Larrain, del cinema indie, si inserisce anche l’Europa e l’Italia. Come ha detto il direttore artistico Alberto Barbera a Ciak, «il cinema non è mai stato così vivo». Ed è vero, perché se dopo appena tre giorni di Venezia 78 abbiamo vissuto tutte queste emozioni, perché è difficile dimenticarsi delle Madres Parallelas di Almodóvar e di È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, non può che essere così. C’è ancora una settimana intera da vivere, sulla carta avremo ancora tante cose di cui sorprenderci e tanti attori e registi con cui parlare. Ma l’impressione che ci piacerebbe chiamare certezza – ma le contingenze ci hanno insegnato a non usare parole assolute – è che il 3 settembre 2021 sia, tanto per citare un film di fantascienza passato qui a Venezia nel 1996, possa essere ricordato come l’Independence Day del cinema.

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