Il film del giorno: Monica

MONICA

Italia/USA, 2022. Regia Andrea Pallaoro. Interpreti Trace Lysette, Patricia Clarkson, Adriana Barraza, Joshua Close, Emily Browning. Produzione Varient, Melograno Films. Distribuzione I Wonder Pictures. Durata 1h e 53’.

È il turno del secondo lungometraggio italiano in concorso a Venezia 79, Monica di Andrea Pallaoro, anch’esso, come il precedente Bones and All di Luca Guadagnino, girato negli USA con un cast internazionale. Protagonista infatti l’attrice americana transgender Trace Lysette (Transparent, Hustlers, Disclosure), affiancata da Patricia Clarkson (Gli intoccabili, Schegge di April, Sharp Objects), Adriana Barraza (Babel, Penny Dreadful: City of Angels), Joshua Close (The Master, Premonitions, North) e Emily Browning (Sleeping Beauty, Sucker Punch, American Gods). Alla regia, un autore ormai entrato nel cuore dei cinefili: dopo l’esordio col corto Wunderkammer (2008), Pallaoro ottiene infatti il plauso internazionale con Medeas (2013), al Lido nella sezione Orizzonti (dove il cineasta sarà giurato nel 2019) e premiato da Martin Scorsese per la miglior regia al Marrakech International Film Festival. Segue Hannah, in concorso a Venezia nel 2017, Coppa Volpi alla protagonista Charlotte Rampling. È l’inizio di una trilogia che prosegue proprio con Monica e che, nel primo capitolo, ci aveva offerto il ritratto doloroso di una solitudine, attraverso una drammaturgia fatta di silenzi, elementi non detti e non mostrati, gesti e particolari di una quotidianità desolata. Stavolta, invece, ad essere scandagliata è l’anima di Monica (Lysette), tornata dopo vent’anni nella casa della sua famiglia in Ohio per prendersi cura della madre morente (Clarkson). Nella vicenda echeggiano motivi autobiografici, come confessato dal regista: «Negli ultimi anni, il confronto con la malattia di mia madre mi ha portato a riflettere sul mio passato e sugli effetti psicologici dell’abbandono. A partire da questa esperienza ho voluto raccontare una storia che esplorasse la complessità della dignità umana, le conseguenze profonde del rifiuto e le difficoltà nel guarire le proprie ferite». Ma, ancora una volta, a fare la differenza nell’opera del cineasta sarà lo stile: caratterizzato, spiega, da «un costante dialogo tra l’estetica dell’intimità e dell’alienazione, in bilico tra l’interiorità della protagonista e il mondo che la circonda», così da addentrarsi «nel mondo emotivo e psicologico di Monica per riflettere sulla natura precaria dell’identità di ciascuno di noi quando è messa alla prova dalla necessità di sopravvivere e trasformarsi». E il film, secondo il direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera, promette di consacrare il talento di Palloro come un «punto di riferimento» del nostro cinema.

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