Il futuro del cinema è la VR

Victoria Bousis racconta Stay Alive My Son, in gara a Venice Immersive, sulla Cambogia dei Kmer rossi

“Nelle scarpe di un uomo che fugge”, grazie alla VR

La Mostra di Venezia è anche un laboratorio prezioso di nuovi linguaggi: lo conferma Stay Alive my son, della regista greco-americana Victoria Bousis, in concorso nella sezione Venice Immersive, un progetto basato sul best seller internazionale di Pin Yathay, capace di unire narrazione interattiva, tecnologia virtuale ed esperienza immersiva, in cui lo spettatore, aiutato da un visore dotato di cuffie e da un bracciale, viaggia nell’anima di uomo costretto a fare scelte indicibili, come abbandonare il proprio bimbo malato per sfuggire alle atrocità dei Khmer Rossi in Cambogia. «Usiamo il mondo virtuale – racconta Bousis – per far sperimentare alle persone qualcosa di unico. Volevo che il pubblico, invece di guardare e basta, entrasse nelle scarpe di quest’uomo anziano e condividesse la sua esperienza lì dove l’ha vissuta, vivendo i suoi ricordi: in questo mondo il cervello di chi guarda comincia a pensare di essere il personaggio protagonista. Amo il cinema tradizionale, ma sono convinta che sia necessario raccontare i temi dei diritti umani in modo diverso, soprattutto per raggiungere le giovani generazioni. In questo caso parliamo di genocidio in Cambogia, ma lo stesso può valere per la guerra in Ucraina».

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