Oliver Stone: «Meglio il nucleare»

Il grande regista presenta a Venezia Nuclear, e spiega a Ciak le ragioni di una scelta controcorrente

«Si fa una grande confusione tra guerra nucleare ed energia nucleare: il pericolo viene dalle radiazioni della guerra nucleare e dai disastri causati dal cambiamento climatico, non dalla centrali atomiche, che sono sicure e generano energia più pulita del carbone e del petrolio». Oliver Stone non ha dubbi e, accompagnato da Joshua Goldstein co-autore con Staffan A. Qvist del volume A Bright Future, tesse le lodi incondizionate dell’energia atomica, dopo aver realizzato Nuclear, documentario in cui, senza alcun contraddittorio, spiega che «i pericoli delle radiazioni sono infinitamente inferiori a quelli causati dal carbone, responsabile di mezzo milione di morti all’anno».

Mi scusi Stone, ma come la mettiamo con gli incidenti nucleari? Chernobyl è ancora desolata, Fukushima è disabitata e ora c’è il rischio che le centrali nucleari in Ucraina collassino sotto i colpi dei missili.

«Queste sono le solite obiezioni che si fanno sempre, come quando si dice “e se per sbaglio qualcuno scatena una guerra nucleare?”. In realtà a Chernobyl la gente è tornata, a Fukushima gli alberi sono tornati a fiorire, anche se la gente non torna ad abitarci perché ha paura. In quanto alle centrali in Ucraina bisogna tener presente che ci sono talmente tanti livelli di sicurezza che potrebbe persino schiantarsi un aereo di linea su una di queste senza causare danni e dispersioni eppure, invece di parlare di chi in quella guerra muore, ci preoccupiamo delle centrali».

Come spiega ci sia così tanta diffidenza e paura nei riguardi dell’utilizzo dell’energia atomica?

«Perché da decenni esiste una campagna di disinformazione a tutti i livelli, pilotata dalla lobby del petrolio e del carbone, fonti energetiche che stanno devastando il clima del pianeta. Anche a me piacerebbe che l’energia solare e quella eolica potessero bastare per il fabbisogno energetico del pianeta, ma da qui al 2050 non avremo abbastanza energia elettrica per andare avanti e non possiamo fare finta di niente».

Come cineasta si trova, ancora una volta a nuotare controcorrente. La sua è una scelta esistenziale?

«Prima di leggere il volume di Joshua Goldstein io non ero a favore del nucleare, ma questo testo mi ha aperto gli occhi, così come il film Una scomoda verità di Al Gore ha affrontato perfettamente il problema ambientale».

Perché ha scelto la via del documentario?

«Inizialmente avevo pensato a un film di fiction, anche perché da La sindrome cinese in poi c’è così tanta cinematografia contro il nucleare che volevo provare a ribaltare la narrazione. Persino nei Simpson, che pure sono divertenti, il nucleare è visto come il male assoluto. Poi però avevo scritto una sceneggiatura che sembrava un brutto film di Hitchock, così ho pensato fosse meglio far parlare direttamente i fatti, cercando di aprire gli occhi al pubblico sul tema».

Oscar Cosulich

NUCLEAR

USA, 2022 Regia Oliver Stone Durata 106’

In un momento quanto mai drammatico per l’economia occidentale, a causa del taglio delle forniture di gas da parte della Russia come ritorsione sulla sanzioni successive al conflitto con l’Ucraina, il regista premio Oscar Oliver Stone riflette sull’altra grande fonte di energia, quella nucleare. Un’alternativa ai carburanti fossili che potrebbe anche aiutare il raggiungimento di standard climatici che in questo momento sembrano lontanissimi. Stone ripercorre la storia del nucleare, partendo dal suo utilizzo bellico (argomento affrontato nel corso di questa Mostra anche da un altro documentario, A Compassionate Spy) per poi passare a quello civile, con la costruzione delle centrali. Il nucleare è sempre stato però anche al centro anche di grandi polemiche, in parte alimentate anche dai cartelli petroliferi che ovviamente vedrebbero la loro leadership indebolita nello scacchiere mondiale. Un problema complesso che Stone affronta andando sul campo, in questo caso le centrali stesse dei paesi che maggiormente sfruttano questa risorsa, gli Stati Uniti, la Francia e la Russia, e parlando con esperti e studiosi. Come ha dichiarato lo stesso regista di Platoon, “il cambiamento climatico ci ha costretto brutalmente a ripensare i modi in cui produciamo energia. Quella nucleare è centinaia di volte più sicura dei carburanti fossili e gli incidenti sono estremamente rari. Come possiamo liberare dalla povertà milioni di persone e, allo stesso tempo, ridurre rapidamente gas serra quali l’anidride carbonica, il metano e, in molti paesi, quelli derivati dalla combustione del carbone?”. Una domanda che è fondamentale porci, oggi più che mai.

Alessandro De Simone

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