Quando qualcuno chiede se è immaginabile un James Bond omosessuale, Daniel Craig sorride, ma lascia che a rispondere sia il suo regista, Luca Guadagnino: «Nessuno potrà mai sapere quali sono i desideri reali di James Bond, la cosa importante è che porti a termine le proprie missioni». Si guadagna così un lungo applauso dalla stampa l’autore di Queer, il film, tratto dal romanzo di William Burroughs, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, in cui l’ex 007 veste i panni di William Lee. «Ho accettato questo ruolo – spiega Craig – perché volevo lavorare con Guadagnino. Era da almeno vent’anni che lo desideravo». Non è uno che si perde in chiacchiere, Craig, ma non si tira indietro di fronte alla domanda inevitabile sulle scene di sesso: «Per girarle – svela – c’è stata una coreografia. Abbiamo fatto varie prove. Ballare con una persona rompe il ghiaccio, ma non c’è nulla di intimo in una scena di sesso sul set dove sei in una stanza piena di gente. Volevamo che fosse commovente e abbiamo fatto sì che fosse anche divertente». «Ho letto il libro a 17 anni – aggiunge il regista – e da ragazzo sognavo di cambiare il mondo attraverso il cinema. Con questo film voglio essere fedele a quel giovane che ero». La conferenza finisce, Daniel saluta e se ne va, in perfetto stile british. Niente a che vedere con lo stile yankee di autografi e battute di George e Brad dopo l’incontro stampa dell’altro giorno.