HomeCiak In Mostra 2024Peter Weir, Master and Commander e il Leone d’oro alla carriera

Peter Weir, Master and Commander e il Leone d’oro alla carriera

Master & Commander – Sfida ai confini del mare

Fuori concorso – proiezioni speciali

«Con soli 13 film realizzati nell’arco di quarant’anni, Peter Weir si è assicurato un posto nel firmamento dei grandi registi del cinema moderno. Alla fine degli anni Settanta, si era affermato come l’autore principale della rinascita del cinema australiano in virtù di due lavori, Le macchine che distrussero Parigi e Picnic ad Hanging Rock, il secondo dei quali acquisterà nel corso degli anni lo statuto di film culto. Il successo internazionale dei due film successivi, Gli anni spezzati e Un anno vissuto pericolosamente, gli aprirono le porte del cinema hollywoodiano, del quale divenne in breve uno dei principali protagonisti, fautore di un cinema in grado di coniugare la riflessione su tematiche personali e l’esigenza di rivolgersi ad un pubblico il più vasto possibile. Celebrando il gusto del racconto e l’innato romanticismo, Weir è riuscito nell’impresa di rafforzare il proprio ruolo nell’establishment hollywoodiano pur rimarcando una distanza piuttosto netta con l’industria del cinema americano. Witness – Il testimone, Mosquito Coast, L’attimo fuggente, Fearless – Senza paura, The Truman Show e Master & Commander sono le tappe principali di un percorso artistico che ha saputo conservare la sua integrità di fondo sin dentro il successo commerciale dei film realizzati». Il direttore artistico della Biennale Cinema Alberto Barbera presenta così Peter Weir, che oggi (lunedì 2 settembre) in Sala Grande (ore 13.45) sarà insignito del Leone d’Oro alla Carriera, subito prima della proiezione speciale Fuori Concorso di Master and Commander: The Far Side of the World, epopea marinara basata sui romanzi di Patrick O’Brian, sceneggiata dallo stesso regista con John Collee.

Nel 1805, a bordo della H.M.S. Surprise, il capitano Jack Aubrey (Russell Crowe) e il suo fidato amico, Stephen Maturin (Paul Bettany), ricevono l’ordine di dare la caccia ad un vascello francese al largo delle coste sudamericane. Napoleone sta vincendo la guerra, ma nonostante gli ostacoli Jack vuole che nulla impedisca alla Surprise di portare a termine la missione. Il raffinato regista del cast femminile di Picnic ad Hanging Rock si dimostra qui a suo agio nel gestire l’atmosfera al testosterone di un gruppo di marinai in balia delle onde e il tono è sintetizzato dal sardonico brindisi del sabato del Capitano Aubrey al tavolo degli ufficiali: «Signori, alle mogli e alle amanti… che non si incontrino mai!». Peter Weir, che in passato aveva presentato in anteprima alla Mostra il dramma ambientato in una scuola maschile negli anni ’50 L’attimo fuggente (1989) e l’apologo sulla tirannia dei media The Truman Show (1998), alla notizia del premio ha dichiarato:

«La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia e il suo Leone d’Oro fanno parte dell’immaginario del nostro mestiere. Essere premiati per il lavoro di una vita come registi è un grande onore».

Oscar Cosulich

 

Peter Weir in masterclass: «La musica è l’aspetto più importante»

«Per come la vedo io, la sceneggiatura è il libretto, il regista compone la musica e le immagini sono le note»: Peter Weir conferma di essere «in pensione» dal cinema ma sembra comunque in gran forma, mentre gira da un angolo all’altro della gremita Match Point Arena al Lido per l’attesa masterclass condotta ieri da Paolo Bertolin e aperta dai saluti di Alberto Barbera, direttore di Venezia 81 che al regista di Master & Commander conferisce un meritato Leone d’oro alla carriera. La conversazione ha ripercorso l’intera carriera del cineasta australiano, dagli inizi televisivi al primo lungometraggio Homesdale (per lui «il più difficile da girare»), e poi i cult come Picnic ad Hanging Rock (ricordando il sodalizio con Russell Boyd, direttore della fotografia di questo e altri film di Weir), Witness – Il testimone, L’attimo fuggente e The Truman Show (a questi ultimi due, inizialmente, aveva detto di no!). Tra i segreti della sua creatività, il rapporto con la musica: «Credo sia l’aspetto più importante, c’era ancora prima che l’uomo iniziasse a fare i graffiti sulle pareti. Ascolto la musica per entrare in una sorta di trance», soprattutto quella strumentale «in modo che il cervello non si attacchi al significato delle parole». Perché è «dalla nostra parte inconscia che viene l’ispirazione».

Emanuele Bucci

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