Cronache dal Lido

PARLANO GLI “AMERICA LATINAS”

Fabio D’Innocenzo (co-regista e co-sceneggiatore)

«Sul manifesto del film c’è la frase “È amore” perché amore significa ricongiungersi ai fantasmi, alle ossessioni e all’incertezza dell’avvenire: sono variabili impazzite in un film profondamente tenero. Poi io sul set mi sono anche innamorato, quindi è amore».

Damiano D’Innocenzo (co-regista e co-sceneggiatore)

«Io invece non mi sono innamorato. Il film ha alcuni aspetti del thriller ma non lo è, lo potremmo definire un thriller psicologico. Noi amiamo i generi, perché hanno regole precise, per noi è bello conoscerle, ma per poterle aggirare: America Latina ha in sé tanti generi, volevamo rimanere “scomodi” con noi stessi».

Damiano D’Innocenzo, Credits: La Biennale di Venezia_ASAC Foto di G. Zucchiatti

Elio Germano (protagonista)

«In Favolacce ero il classico “maschio alpha”, qui invece ho decostruito il personaggio per permettere alla cinepresa di entrare nelle emozioni e nelle fragilità che dovevo recitare. È stato un lavoro di divaricazione e apertura, mi dovevo perdere, il personaggio è l’antitesi del macho e del vincente: ha quell’apertura, delicatezza e sensibilità femminili che gli permettono un’indagine interiore anziché lo sfogo con le armi che sarebbe stato normale in un classico film “di genere”».

Elio Germano, Credits: La Biennale di Venezia_ASAC Foto di G. Zucchiatti

Fabio D’Innocenzo (co-regista e co-sceneggiatore)

«Il femminile ci salva, l’amore mette a posto i pezzi e riesce a fare decollare la vita: il nostro non è “Viaggio al termine della notte”, ma “Viaggio al termine di un uomo”, questa non è mia, l’ha detta mio fratello, ma gliela rubo».

Elio Germano (protagonista)

«Oggi bisogna essere performanti, contano i numeri e non i sentimenti e da qui nasce il paradosso del titolo America Latina. America è come noi vogliamo apparire: forti e vincenti, mentre Latina è la dispersione, la nostra palude. Lo scantinato del film è quella parte di noi che non vogliamo mostrare. C’è una conflittualità interna e per riconoscerla serve quella sensibilità che oggi non va di moda. Massimo fa un viaggio per ricompattarsi, un viaggio al proprio interno per ritrovare la sincerità».

 

È BOOM PER I FILM DOC SUI GRANDI DELLA MUSICA 

Ornella Vanoni

Per anni e anni e anni la musica ha trovato un muro al momento di essere raccontata per il cinema. I pochi doc, o biopic che venivano realizzati, anche ad opera di grandi del grande schermo, finivano in flop al botteghino o sommersi da recensioni negative. Poi qualcosa è cambiato, e ormai il filone si arricchisce continuamente di nuove storie, come certifica anche Venezia 78, che ospita ben sei lavori dedicati ai grandi della musica.  La ragione è precisa, come ha sottolineato l’Ad di Raicinema, Paolo Del Brocco, durante la presentazione del nuovo lavoro di Giorgio Verdelli, pioniere del genere, e che a Venezia ha portato il doc su Ezio Bosso, prodotto assieme all’altro pioniere, il produttore Nicola Giuliano, a un anno dall’incredibile successo di Via con me, dedicato a Paolo Conte, che da è partito da Venezia 2020 per conquistare il mondo: 

“Il boom di film e doc sui grandi della musica ha una ragione precisa: è cambiato il linguaggio che si usa per il racconto. Non è più quello dei documentari, ma quello dei film, emozionante, empatico. Il gusto del pubblico cambia, saperlo intercettare connota i grandi autori”. A Venezia abbiamo già visto anche lavori dedicati a Leonard Cohen e Led Zeppelin, ma c’è anche un documentario dedicato a una delle voci femminili più belle della musica italiana Ornella Vanoni raccontata in Senza Fine da Elisa Fuksas. Intanto ieri è arrivato al lido Cristiano De André  per il documentario DeAndré#Deandré Storia di un impiegato di Roberto Lena. Lo spazio musicale di questa edizione della Mostra si chiude questa sera con la proiezione fuori concorso di Ennio realizzato dal premio Oscar Giuseppe Tornatore. Un ritratto del grande compositore di colonne sonore Ennio Morricone.

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