Jamie Lee Curtis arriva a Venezia 78 per ritirare il Leone d’oro alla carriera, coronamento di 35 anni di onorato servizio. D’altronde, per la figlia di Janet Leigh e Tony Curtis la strada era segnata, ma il percorso è stato assolutamente personale e se è arrivata fino a qui lo deve anche a Michael Myers, l’inarrestabile mostro assassino di Halloween creato da John Carpenter nel 1978 e che è arrivato fino ai giorni nostri. Sarà un caso, anche se nel cinema non esiste, ma proprio 20 anni fa John Carpenter era al Festival di Venezia, nel 2001 diretto da Alberto Barbera, con Fantasmi da Marte, ennesima variazione del suo spartito preferito, quello di Distretto 13, o meglio, Un dollaro d’onore. E neanche a farlo apposta, la proiezione di mezzanotte fu accompagnata da un violentissimo temporale che sembrava uscito dai suoi horror. Ma divagazioni a parte, Venezia non ha mai avuto discriminazioni di genere, inteso come cinematografico. La chiusura del festival del 2005 fu The Descent di Neil Marshall. E tornando un po’ più indietro, nel 1996 fu Peter Jackson a portare in Laguna Sospesi nel tempo, prodotto da Robert Zemeckis che nel 2000 sarebbe tornato con Le verità nascoste, un thriller hitchcockiano dalle molte venature horror. Quest’anno ci aveva già pensato Edgar Wright con Last Night in Soho, ma l’attesa per il film di David Gordon Green, secondo tassello di questa seconda trilogia di cui Jamie Lee Curtis è anche produttrice insieme a Jason Blum, il re Mida dell’horror che ha riportato il genere all’interno degli studios.
Halloween Kills a Venezia è doveroso. Nei festival di settore, dal Fantasia di Montreal a Sitges in Catalogna, passando per Bruxelles, si scoprono talenti notevoli. Una tendenza che la squadra veneziana attuale ha colto da tempo e su cui continuerà a puntare, perseguendo la sua funzione di laboratorio permanente del cinema del futuro.
Jamie Lee Curtis anche in questo ha dimostrato di essere stata molto attenta nel corso della sua carriera, costellata proprio di generi, l’horror all’inizio, passando poi alla commedia, dal natalizio Una poltrona per due a Un pesce di nome Wanda, tanto per citarne due. Ha lavorato con grandi autori come Kathryn Bigelow (Blue Steel) e John Boorman (Il sarto di Panama), ha capito al momento giusto che la serialità è una risorsa. Ha trasformato la sua prorompente fisicità in iconografia (lo spogliarello di True Lies di James Cameron è storia del cinema), gestendo il tempo che passava con enorme intelligenza, come dimostra il recente grande successo di Knives Out. Ha un’agenda fittissima, tra cui un film tratto da uno dei videogiochi più venduti del mondo, Borderlands, guarda un po’ diretto da un regista che l’horror lo mangia a pranzo e a cena, Eli Roth. E quando non lavora, Miss Curtis si impegna per l’ambiente e si dedica al suo podcast su I Heart Radio. Ascoltatelo, è da Leone d’oro pure quello.