Atlas, la libertà oltre la paura

Diretto da Niccolò Castelli, con Matilda De Angelis, iIl film è in gara al Taormina Film Fest.

Allegra è una giovane donna con la passione per l’arrampicata, la cui vita viene sconvolta da un attentato terroristico in cui rimangono uccisi alcuni suoi amici. Questa, in sintesi, la trama di Atlas, secondo lungometraggio di finzione del luganese Niccolò Castelli, dopo Tutti giù, che fu presentato nel 2012 al Festival di Locarno.

Protagonista del film è Matilda De Angelis, fresca vincitrice del David di Donatello come migliore attrice non protagonista per L’incredibile storia de L’isola delle rose, che torna a interpretare un film “sportivo” dopo Veloce come il vento, un genere che il cinema europeo ha battuto meno di quanto avrebbe potuto e che offre invece sempre emozioni forti.

Soprattutto quando l’impianto è sorretto da una storia solida, proprio come accade in Atlas, che non a caso è stato scelto dalla direzione artistica per il concorso internazionale del 67mo Taormina Film Festival.

«Allegra», spiega Castelli, «assapora la piena libertà prima del drammatico evento che cambierà la sua vita. Crede di avere davanti un futuro radioso, pronto da cogliere. Quando impatta con la realtà – dura, nuda e cruda come la roccia delle nostre montagne – l’effetto è devastante».

La posta in gioco, per la donna, è quindi non lasciare che la paura e l’odio la facciano sprofondare in una spirale di solitudine. L’occasione per superare il trauma potrebbe arrivare dall’incontro con Arad (Helmi Dridi), un rifugiato venuto dal Medio Oriente.

L’idea del film affonda le sue radici in una stagione antecedente alla pandemia, ma i temi che pone non hanno perso di attualità, come sottolinea il regista:

«La necessità di scrivere Atlas è arrivata circa 10 anni fa, in un momento molto particolare, decisivo. Proprio come succede con l’attuale pandemia, che tocca molti aspetti della nostra vita, allora ebbi la sensazione che qualcosa si stesse insinuando nella nostra quotidianità senza più abbandonarci: la paura».

E, posto (e auspicando) che quella del Covid ci abbandoni presto, non dobbiamo a maggior ragione dimenticarci che il virus peggiore per la nostra convivenza civile è proprio la paura dell’altro.

«Atlas», prosegue al riguardo Castelli, «è il tentativo di capire come sia possibile superare le nostre paure nell’incontro e nell’apertura verso il diverso. Per sentirci veramente liberi, come sulla vetta di una montagna a contatto con il cielo, forse dobbiamo aprirci all’altro. In un momento in cui tutti anelano alla libertà, Atlas racconta di un grande sforzo per una sua reale conquista».

Il film, prodotto da Michela Pini (Favolacce) e dalla Imagofilm Lugano di Vili Hermann, è stato nominato al Premio del cinema svizzero 2021 per il miglior film e la miglior fotografia (di Pietro Zuercher).

Nel cast anche Irene Casagrande, Nicola Perot, Anna Manuelli, Kevin Blaser e Neri Marcorè.

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