Quando il cinema racconta il giornalismo (per 250 volte)

Presentato nella seconda giornata del 67mo Taormina Film Festival il saggio di Ivan Scinardo su un genere ricco e prezioso

Cinema e giornalismo un connubio che tanto ha dato al pubblico è alla societa. È questo l’argomento di Cinema#Giornalismo di Ivan Scinardo, «il libro che ognuno di noi avrebbe voluto fare, ma nessuno è mai riuscito» ha commentato la presidentessa del Sindacato Giornalisti Cinematografici Italiani Laura Delli Colli che, insieme al direttore di Ciak Flavio Natalia, ha moderato la presentazione del saggio alla Casa del Cinema nella seconda giornata del 67mo Taormina Film Festival.

Un evento collaterale prezioso, come il materiale contenuto nel libro di Scinardo, direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, sede dedicata al cinema documentario.

Un incontro ricco di suggestioni, per un genere che tanto ha dato al cinema e viceversa, che per l’autore è la perfetta sintesi delle sue passioni.

«L’argomento mi interessa da sempre, finché cinque anni fa non ho cominciato a organizzare una serie di seminare per l’Ordine dei giornalisti in cui analizzavamo proprio questo stretto rapporto. E il saggio è cresciuto in gran parte grazie alle suggestioni dei colleghi che vi partecipavano, che ogni volta mi suggerivano molti dei titoli che adesso sono nel libro»

Dal 1914 fino al cinema che ancora deve arrivare, quel The French Dispatch di Wes Anderson che dopo un anno di attesa vedremo a Cannes. «Oltre 250 titoli sono tanti» ha commentato Flavio Natalia, «e tra questi titoli bisogna fare delle differenze, tra il cinema di Hollywood e quello italiano, perché nelle nostre storie i giornalisti fanno spesso una fine tragica». Come accade ne I cento passi di Marco Tullio Giordana, in Fortapasc di Marco Risi, regista tra l’altro de Il muro di gomma, uno dei film che Scinardo ha preso come esempio, proiettando uno spezzone durante la presentazione, e per cui Laura Delli Colli ha svelato un gustoso e inedito retroscena.

«Proprio pochi giorni ne parlavo con lo stesso Risi, che mi disse che avrebbe voluto avere nel cast i colonelli del cinema italiano, Sordi, Gassman, Mastroianni, ma dovette poi desistere. Sordi stesso gli spiegò che lui era fatto per far ridere e che non sarebbe stato credibile in un film come quello».

Eppure, proprio Sordi interpretò una figura di giornalista straordinaria «in uno dei film più belli della storia del cinema italiano, Una vita difficile, di Dino Risi», come ricordato da Natalia. Il giornalismo sul grande schermo nostrano è stato declinato in molti modi, «lo stesso Mastroianni ne La dolce vita era un giornalista» ha sottolineato Delli Colli «e dal film di Fellini esce in maniera dirompente soprattutto la figura del fotogiornalista». E in questo senso era impossibile non ricordare due artiste come Cecilia Mangini e Letizia Battaglia, che con la forza delle loro immagini hanno raccontato la Storia.

Un incontro ricco di suggestioni, in cui si è parlato del cinema militante di Rosi «quello di Le mani sulla città, Il caso Mattei» ma Laura Delli Colli ha reso omaggio «anche a un regista meno fortunato, ma incredibilmente coerente con le sue idee come Giuseppe Ferrara, autore di un film sull’argomento da riscoprire come Il sasso in bocca».

Cinema e giornalismo che si intrecciano da sempre anche con il sensazionalismo della notizia. «Billy Wilder nel 1951 con L’asso della manica anticipò di trent’anni la tragedia di Vermicino, proprio in questi giorni sulle cronache anche grazie alla serie Sky» ha sottolineato l’autore.

E proprio parlando di uno dei momenti più dolorosi della storia della televisione italiana, Delli Colli ha svelato un retroscena di quegli anni.

«A seguito della diretta RAI sulla storia di Alfredino Rampi, l’allora direttore generale della Rai Willy De Luca fu convocato in commissione di vigilanza per rendere conto del suo operato. All’epoca lavoravo molto con La Repubblica scrivendo di televisione e pochi giorni prima di andare a fare la sua relazione, un sabato mattina in cui la sede di Viale Mazzini era praticamente vuota, intervistai De Luca per conoscere la sua verità. L’accordo era che avrei preso solo appunti e che non avrei registrato la conversazione e che avrei pubblicato il pezzo solo dopo la commissione. Dove però De Luca non andò mai, perché proprio la mattina in cui si sarebbe dovuto presentare ebbe un infarto e morì poche ore dopo il ricovero in ospedale. Rispettai l’accordo preso e quell’articolo non lo scrissi mai, ma ho ancora quel taccuino custodito».

D’altronde, come ha fatto notare Flavio Natalia, «Quarto potere viene considerato il più grande film della storia del cinema ed è un film sul giornalismo e anche sulle degenerazioni dello stesso, e quanti hanno probabilmente deciso di diventare cronisti quando hanno visto Tutti gli uomini del Presidente».

Tante storie, raccontate anche in molti documentari, come Collective, il film di Alexander Nanau candidato a due Oscar quest’anno «che purtroppo non sono riuscito a inserire perché uscito troppo di recente», ma che come ha suggerito Laura Delli Colli a Ivan Scinardo «potrebbe andare in un nuovo saggio, dedicato solo a giornalismo e cinema del reale».

Un documento prezioso Cinema#Giornalismo, per conoscere un genere tra i più battuti dal cinema internazionale, ma anche per conoscere molti lati, più o meno oscuri, della storia dell’ultimo secolo.

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