Sciascia al cinema: un incontro e una mostra

Al Taormina Film Fest 67 si celebra Leonardo Sciascia tra immagini e parole nel giorno dell'inaugurazione

Nella prima giornata del Taormina Film Festival, primo piano su Leonardo Sciascia, attraverso una conversazione tra Fabrizio Catalano, nipote del grande autore, e il giornalista Vincenzo Aronica e una mostra dedicata al rapporto tra Sciascia e il cinema.

‘’SCIASCIA E IL CINEMA, CONVERSAZIONE CON FABRIZIO”

Di Ilenia Rocca*

Sciascia e il cinema, conversazione con Fabrizio, il volume presentato ieri alla Casa del cinema di Taormina, è nato da una collaborazione tra Fabrizio Catalano e Vincenzo Aronica. Il lavoro viene fuori da una spontanea conversazione tra Catalano, nipote di Leonardo Sciascia e il giornalista Aronica con lo scopo di “avvicinare le nuove generazioni alla letteratura del ‘900 tramite il mondo del cinema. Il Festival è stato scelto come teatro della presentazione per evidenziare non solo il legame tra Sciascia e il cinema ma anche il legame tra lo scrittore e la sua Sicilia”.

Anche la presentazione è stata colloquiale: il giornalista Vincenzo Aronica ha intervistato e conversato con Fabrizio, in coerenza con lo stile del lavoro letterario dei due autori.

taormina 67 sciascia

E’ stata l’occasione per aneddoti sullo Sciascia politico, intellettuale e scrittore di testi che hanno dato spunto a grandi capolavori del cinema neorealista. Si è parlato di mafia e di antimafia, tematica quest’ultima a cui lo scrittore siciliano si è sempre approcciato in modo scettico e polemico, coniando negli anni ‘80 l’espressione “professionisti dell’antimafia”.

Nel corso dell’evento non sono mancati i riferimenti all’attualità e soprattutto al fatto di come nel dibattito etico politico e culturale di oggi si avverta un “vuoto” di intellettuali come Sciascia.

L’autore di Recalmuto non scrisse mai direttamente per il cinema, eppure dalle sue opere hanno preso spunto vari registi per pellicole divenute celebri, come A ciascuno il suo, Il giorno della civetta fino a quelle meno conosciute come Todo Modo. Secondo Fabrizio Catalano, i grandi del cinema dell’epoca si sentivano maggiormente apprezzati dal grande pubblico e dalla critica nel momento in cui si ispiravano a suo nonno: “tratto da un romanzo di Sciascia” nei titoli di coda significava avere una legittimazione maggiore.

Sorge spontanea una domanda. Come mai molti suoi testi divennero opere cinematografiche? Sicuramente la scrittura di Sciascia è piena di immagini e più facilmente si presta ad essere adattata per il cinema rispetto a quella di altri suoi contemporanei.

Altra colonna portante dell’incontro è il rapporto dello scrittore con la Sicilia, o per meglio dire, con la sicilianità, che diviene luogo di ambientazione delle sue opere più importanti; lo stesso autore aveva sintetizzato con la classica frase di Ovidio questo rapporto “non posso vivere con o senza di te”.

Cinema e legalità: la Sicilia tra luci e ombre al Taormina Film Festival

di Angelica Rocca*

Un ritratto per molti aspetti inedito di un grande protagonista della cultura non solo siciliana: e’ quello che si forma visitando la Casa del Cinema di Taormina, dove da ieri è possibile visitare la mostra “Cinema e legalità. Omaggio a Leonardo Sciascia”, dedicata al grande romanziere nato a Racalmuto (nella provincia di Agrigento) cento anni fa.  E’ un assaggio del rapporto intenso e ambivalente di Sciascia con la settima arte, raccontato attraverso immagini memorabili della Sicilia rappresentata sul grande schermo. Nel definire gli intenti della mostra, il termine celebrare sarebbe fuori posto:  l’atmosfera che si respira (mascherina a parte) è davvero poco formale, tutt’altro che elitaria, tra i pannelli minimal su cui campeggiano fotogrammi de Il mafioso, Il giorno della Civetta, A ciascuno il suo, ma anche, Dimenticare Palermo, I cento Passi, un inaspettato Johnny Stecchino (molte le scene del film ambientate a Taormina) e di tante altre pellicole che non sono tratte dai racconti di Sciascia, ma sono tutte legate dallo stesso fil rouge: il modo del cinema di raccontare l’illegalità, di denunciarla. Informale anche l’outfit e l’atteggiamento degli ospiti, “viaggiatori” incuriositi tra una Sicilia terra di lupare, bellezze scultoree alla Claudia Cardinale e mafiosi coi baffi come il Sordi di Lattauda.

taormina 67 mostra sciascia

E celebrare stride soprattutto con quello che era lo spirito “sciasciano” (come è stato definito da Vincenzo Aronica e dal nipote dello scrittore, Fabrizio Catalano, autori di “Sciascia e il cinema. Conversazioni con Fabrizio”. «Festeggiare il suo centenario? A questa domanda, Leonardo Sciascia, avrebbe acceso la sigaretta e si sarebbe voltato.» Eppure il modo più sensato di ricordare la penna che per prima scrisse la parola “mafia”, quando giornalisti e politici non avevano il coraggio di parlarne, è forse servirsi del cinema, lasciare la parola alla voce silenziosa delle immagini, di quei film forse non troppo fedeli alle pagine dell’autore, ma essenziali per farlo conoscere al grande pubblico. Per far conoscere la lotta politica, l’indignazione e il dissenso, luci e ombre di una terra come la Sicilia. «Nec sine te, nec tecum vivere possum» cantava il grande poeta Ovidio. E in questa frase, Sciascia racchiudeva il rapporto con la sua terra d’origine. Un po’ odi et amo, come con il cinema, la settima arte, quel “passaggio obbligato” per accedere all’universo di quella sicilianità che non è privilegio dei suoi figli di “sangue”, ma di tutti quelli che recano nel DNA un immaginario preciso, forgiato proprio dal cinema, dalle pose di Don Vito Corleone, Don Mariano, il bandito Giuliano, ma anche dal coraggio del professore Laurana, di Don Pino Puglisi, di Peppino Impastato.

Luci e ombre, e sempre quest’odi et amo, appunto, sul filo dell’attrazione ambigua e della repulsione.  Concludono il percorso fotografico i primi piani di Al Pacino e Andy Garcia della trilogia “Il padrino”, affascinanti gangsters che sembrano osservare a loro volta lo spettatore, lo interrogano, pongono un dilemma etico: “ci dev’essere un limite a quello che registi e sceneggiatori portano sulla scena? Il mito del gangster, del boss carismatico e macho, uomo di potere col sigaro in bocca non è forse cattivo esempio, soprattutto per giovani avidi di modelli potenti e nuovi supereroi?”. La risposta sta forse nello spirito critico di chi guarda, «nelle orecchie di chi fruisce», come commenta Aronica, quello sguardo attento sul mondo che ci circonda che forse più cinema – e non meno, come vorrebbe una cultura della censura – può alimentare.

Add to Collection

No Collections

Here you'll find all collections you've created before.