Regista e sceneggiatore francese, vincitore di un premio César e del Lumière per I miei giorni più belli (2015), Arnaud Desplechin è tra i più noti cineasti francesi con i suoi film più volte selezionati al Festival di Cannes e alla Mostra del Cinema di Venezia. La sua presenza al Taormina Film Festival è l’occasione perfetta per offrire al pubblico un breve saggio sui meccanismi della commedia nel cinema e sul linguaggio di un cineasta sofisticato, ma capace di mescolare dramma e comicità in una rappresentazione del reale sublime.
Arnaud Desplechin
A Taormina Desplechin racconta degli anni di studio alla prestigiosa scuola di cinema La Fémis (IDHEC) di Parigi, dove era uno tra i pochi ad essere interessato tanto a diventare un cineasta quanto un regista del mondo dello spettacolo: “Il mio amico ed io eravamo gli unici a considerare lo spettacolo una gloria più che una vergogna”.
Desplechin ha esordito nel 1991 con un mediometraggio, La Vie des morts, ma la notorietà arrivò per lui l’anno successivo con il film presentato a Cannes La Sentinelle, che ottenne un ampio riconoscimento. Celebre è il suo film Comment je me suis disputé… (ma vie sexuelle) che vede protagonisti Mathieu Amalric ed Emmanuelle Devos, tra i suoi interpreti preferiti, e una giovane Marion Cotillard al suo secondo film. Tra gli ultimi suoi lavori ci sono Roubaix, una luce (2019) e Frère et Sœur (2022) entrambi selezionati in concorso per la Palma d’oro e il documentario Filmlovers! (2024), anch’esso presentato al Festival di Cannes e ora in anteprima nazionale al Taormina Film Festival.
La commedia nel melodramma
Per Desplechin la commedia e il melodramma, anche all’interno della stessa opera, godono della stessa dignità stilistica, sono due forme di un’unica arte di cui il regista è profondo conoscitore e che descrive nella sua lezione a Taormina con divertimento e fascino.
Il regista parte da lontano, presentando una clip da un corto del 1927 di Stanlio e Ollio, Metti i pantaloni a Philip (Putting Pants on Philip), in cui secondo Desplechin la comicità nasce dal senso di reversibilità dato dallo scambio di ruoli tra i due comici e raggiunge il suo massimo con la parte legata all’oscenità e all’imbarazzo dei personaggi.
Un piccolo inconveniente tecnico legato all’assenza di elettricità offre poi ad un magistrale Desplechin lo spunto per parlare di commedia anche nella situazione reale in cui il regista e suoi spettatori si trovano in quello stesso imbarazzante momento. Per poi passare a citare, una volta risistemato l’intoppo, una scena del film con Greta Garbo Ninotchka. “Penso che Ernst Lubitsch sia il re della commedia, colui che ha spinto al massimo dell’eleganza e ambiguità questo genere”, dice il regista.
Passando da Molière e Goldoni, per arrivare a citare François Truffaut, con cui non è troppo d’accordo, Desplechin spiega come la commedia si sposi bene con il dramma in realtà, come quando la caduta di un personaggio suscita l’ilarità degli astanti, purché questo non si faccia veramente troppo male.
Infine Desplechin con piacere porta all’attenzione due esempi di commedia nel dramma del cinema italiano, una scena di Totò e Ninetto Davoli in Uccellacci e uccellini (1966) di Pier Paolo Pasolini e la scena finale di Palombella rossa (1989) di Nanni Moretti. “Poesia e comicità, lacrime e risate si mescolano in queste scene che esprimono bene la prossimità della commedia al dramma”.