“Quando vinsi l’Oscar per Wall Street mi sono finalmente sentito fuori dall’ombra di mio padre: ero stato accettato come attore. Mio padre era stato candidato tre volte nella sua carriera, ma non aveva mai vinto. Wall Street è stato cruciale per me”, al 71° Taormina Film Festival Michael Douglas riceve il Taormina Excellence Achievement Award e si racconta con disinvoltura ad un pubblico entusiasta, ripercorre la sua carriera brillante, gioie e sorprese di un attore di fama mondiale, divenuto inaspettatamente famoso però prima come produttore.
Figlio d’arte, vincitore di due Oscar, 4 Golden Globe, un Premio BAFTA e un Premio Emmy, Michael Douglas, 80 anni portati con grande spirito, è la prima – e tra le più brillanti – delle tante star premiate in un’edizione della rassegna cinematografica siciliana che punta a tornare al prestigio che l’ha resa storica.
In un incontro spontaneo, aperto e gioviale con il pubblico del Taormina Film Festival Douglas ha parlato molto dell’Oscar vinto come Miglior attore nel 1988 per Wall Street. Eppure quella era in realtà la sua seconda statuetta guadagnata agli Academy. La prima l’aveva ricevuta come produttore del titolo vincitore come Miglior film nel 1976, Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman. “Quella fu un’occasione benedetta”, spiega Douglas che all’epoca era ancora uno studente universitario, muoveva i primi passi come attore televisivo e non pensava affatto di diventare un produttore. Quando però lesse quel soggetto di cui suo padre Kirk aveva acquisito i diritti per la produzione di un film, pensò che valesse la pena tentare: “Ci ho provato e questo ha totalmente cambiato la mia carriera”.
Fu però un villan, racconta ancora un Douglas divertito, a dare piena notorietà al suo volto, si chiamava Gordon Gekko ed era il protagonista di Wall Street (1987) di Oliver Stone, personaggio che gli valse l’Oscar come Miglior attore (e anche un David di Donatello e un Nastro d’argento).
“Gordon Gekko era il cattivo della storia. Si vestiva molto bene, certo, era potente come molti leader politici che conosciamo, ma lui era il cattivo. Era corrotto. E sono sempre rimasto stupito dopo quel film da quanto ogni banchiere a Wall Street mi abbia mostrato la sua ammirazione per quel personaggio. ‘Tu sei quello che mi ha fatto entrare a Wall Street, ti ho beccato’, mi dicevano. Ma io ero io il cattivo”.
Douglas non ha molta voglia di parlare dell’attuale governo degli Stati Uniti, che in quanto attivista impegnato in diverse cause umanitarie e ambientali chiaramente non apprezza, ma nel ricordare Gordon Gekko sembra non riuscire a fare a meno di lasciarsi andare a qualche allusione piuttosto esplicita: “Gekko è uno che seduce la gente, uno di quelli con cui conviviamo nel nostro Paese in questo momento. Ma chi è un seduttore? È uno che può dire che qualsiasi cosa non è vera e tutti ci credono”.
Resta il fatto che Wall Street fu il film che diede una svolta definitiva alla sua carriera e consacrò ufficialmente Michael Douglas come attore hollywoodiano, a prescindere dalle sue origini. “Quando ho cominciato a recitare al cinema tutti continuavano a ripetere ‘assomigli proprio a tuo padre’. Io cercavo la mia identità e il mio personaggio. Quando poi con Wall Street ho vinto l’Oscar mi sono finalmente sentito fuori dall’ombra di mio padre, ero un attore. Mio padre era stato candidato tre volte, ma non aveva mai vinto, anche se credo che lo avrebbe meritato in diverse occasioni. Wall Street è stato cruciale per me, mi ha dato la sicurezza di sapere che ero accettato come attore. Certo, ogni genitore cerca di aiutare il figlio in una certa misura, ma c’è un limite a ciò che si può fare. Un genitore non può agire per te, devi farlo tu ed è stato un momento importante”.
Ma l’austero Kirk come commentò la vittoria del figlio? “Disse di me: ‘Se avessi saputo che avrebbe raggiunto così tanto successo sarei stato più gentile con lui’”, ricorda Douglas.
Il 1987 era stato però anche l’anno di un altro film divenuto un cult, ma per ragioni assai diverse, Attrazione fatale. “La combinazione tra il riconoscimento agli Oscar e la realizzazione di un film commerciale come Attrazione Fatale ha cambiato la direzione della mia carriera, facendomi passare ad un altro livello”.
Indimenticabili sono rimaste poi anche le sue interpretazioni ne La guerra dei Roses (1989), Basic Instinct (1992) e Un giorno di ordinaria follia (1993). In particolare, su Sharon Stone per quella scena di Basic Instinct che Douglas definisce “l’amplesso del secolo”, qualche ricordo particolare da condividere l’attore ce l’ha. “Ricordo che è stata una settimana lunga. Abbiamo girato quella scena per quasi una settimana e ci siamo conosciuti molto bene. Lei era fantastica, una vera professionista. È stato un film difficile e lo sapevamo entrambi. Ricordo quando Paul Verhoeven mi ha mostrato l’audizione di Sharon, era sorprendente, ma è stato divertente perché lui è un olandese, molto calvinista, ma lei era fantastica. All’epoca non avevamo nemmeno dei consulenti sessuali sul set”.