Al Taormina Film Fest è l’attore Taylor John Smith ad accompagnare la promozione di Warfare – Tempo di guerra, il nuovo film di Alex Garland co-diretto insieme a Ray Mendoza. Insieme a Joseph Quinn, Kit Connor, Will Poulter, Cosmo Jarvis, Charles Melton e Michael Gandolfini, Smith è uno dei protagonisti della pellicola, realizzata sulla base dei ricordi e delle esperienze vissute sul campo da un gruppo di uomini dei corpi speciali della marina americana, i Navy SEAL, che hanno partecipato a una missione ad alto rischio a Ramadi, in Iraq. «Non volevamo fare un film pro-guerra, né un film contro la guerra» ha raccontato Smith durante l’incontro stampa. «L’intento era mostrare le conseguenze, la realtà, cosa significa davvero per chi la guerra la vive sul campo. Quando si mandano giovani uomini e donne a combattere, questo è ciò che succede, questo è ciò che si vede dall’altra parte». Warfare non edulcora, non cerca l’effetto facile del patriottismo cinematografico: «Non è un film che ti fa sentire bene, o fiero della bandiera. È un film che ti costringe a guardare in faccia la brutalità della guerra, senza filtri».
Al centro del racconto c’è il legame tra i protagonisti, una fratellanza forgiata dal pericolo condiviso. «Il film parla di fratellanza, di spirito di squadra – continua l’attore – ed è quello che abbiamo cercato di costruire anche fuori dal set». La preparazione al ruolo è stata intensa e quasi militare. «La prima sera, tutti noi attori ci siamo ritrovati in una stanza d’albergo e ci siamo rasati a zero. Un gesto simbolico: lasciare l’ego fuori dalla porta. Da lì in poi, abbiamo seguito un boot camp di tre settimane e mezzo, in stile militare, messo insieme da Ray. Addestramento con le armi, tecniche di movimento, comunicazione radio, lavoro di squadra». Un’esperienza totalizzante: «Vivevamo insieme, mangiavamo insieme, ci allenavamo insieme, dormivamo tutti sullo stesso piano dell’hotel. Nessuno usava il proprio trailer [camerino], eravamo sempre sul set. E così è nato un legame vero, autentico, che ha alimentato le dinamiche del film».
Warfare parla di guerra e la guerra oggi è una realtà quotidiana. «Non so se è la vita che imita l’arte o l’arte che imita la vita,» riflette Smith, «ma purtroppo questa è la realtà del mondo in cui viviamo. Speriamo che il film possa offrire un momento di riflessione, prima di prendere decisioni così pesanti come andare in guerra o attaccare un altro Paese». E quando si parla di responsabilità politica e del ruolo degli Stati Uniti nel mondo, Smith è chiaro: «Non sono un esperto di geopolitica, sono un attore. Ma il mio compito è raccontare storie, e questa è una storia importante. Parla di coraggio, di unità e di quel tipo di fratellanza che nasce solo nelle situazioni più estreme. Se anche solo riesce a farci riflettere un po’ su noi stessi, su chi siamo, forse allora è servito a qualcosa».