Fractal, la vita è un palcoscenico – Taormina 67 in concorso

Una metafora della società contemporanea tra le mura di un teatro, un gioco al massacro costruito sui generi

Una compagnia teatrale si ritrova per l’ultimo giorno di prove di uno spettacolo. Il titolo: Fractal. Il nome della compagnia: Silence.

Il capo comico, votato dai suoi colleghi e amici come tale appena due settimane prima, è Amirhossein, e proprio per questa sera ha annunciato una sorpresa, che una volta rivelata lascia tutti stupiti. La compagnia decide di seguire ciò che chiede, ma immediatamente si creano contrasti, scontri, invidie, ripicche. L’unica a sapere quale sia il reale scopo di Amirhossein è Maya, che cerca di fermare quello che sembra l’inevitabile corso degli eventi.

«Ho iniziato a scrivere Fractal dopo avere letto la Teoria della scelta di William Glasser e la teoria di Adler», spiega la regista Rezvan Pakpour. La teoria della scelta afferma, molto in sintesi, che l’uomo sceglie i suoi comportamenti in base alle sue necessità. «Contemporaneamente sono stata testimone delle devastazioni nel Medio Oriente, tra guerre civili, rivolte e la caduta di molte dittature. Giustizia, autorità, libertà, ipocrisia, ho pensato costantemente alle cause scatenanti di questi e altri comportamenti».

Fractal è il film d’esordio di Pakpour

Il primo di una trilogia, il cui seguito è già in fase di scrittura, sullo studio dei comportamenti umani. La piccola compagnia indipendente del film è un microcosmo che replica le dinamiche peggiori della contemporaneità, dal totalitarismo all’individualismo, al cui interno si costruisce un percorso che, come sin troppo spesso la cronaca e la Storia ci hanno insegnato, finirà come nessuno avrebbe voluto. «La Storia è un ottimo giudice» aggiunge la regista. «Soprattutto ci ha lasciato tracce indelebili di molti eventi scatenati da due bisogni primari dell’uomo: la libertà e il potere».

Sintesi perfetta di un film sorprendente

Un’opera prima che merita il concorso di Taormina 67, che si destreggia tra i generi, raccoglie gli insegnamenti di Brecht e strizza l’occhio a Lars Von Trier.

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