Stasera l’omaggio in musica a Franco Battiato

Anche nella seconda serata del Taormina Film Fest, sarà celebrato il binomio tra cinema e musica. Se iieri l’omaggio è stato quello dei componenti del gruppo dei Boys, protagonista dell’omonimo film al quale era affidata l’apertura del Festival, come vi raccontiamo nello spazio dedicato alle Cronache dal festival, stasera al Teatro Antico, alle 21, in apertura della serata dedicata a La terra dei figli, il distopico film di Claudio Cupellini in programma fuori concorso, ci sarà spazio per un ricordo di Franco Battiato, affidato a Luca Madonia, figura di riferimento della musica pop siciliana e già leader dei Denovo.

Non si tratta di un omaggio generico. Sia perché Madonia era legato da un rapporto di grande amicizia con Battiato, oltre che di collaborazione artistica, sia perché il rapporto tra Battiato e il cinema è stato strettissimo, e duraturo, da parte del grande cantautore e poeta catanese.  Per aiutarvi a percepirlo al meglio, vi proponiamo il ritratto fatto per Ciak da una delle migliori firme del giornalismo italiano in fatto di musica: Gino Castaldo.

L’AMORE DI FRANCO BATTIATO PER IL CINEMA

Franco Battiato in concerto a Napoli, in piazza del Plebiscito, nel 2017, nella serata di inaugurazione del Napoli Teatro Festival

Breve viaggio in una relazione fittissima, fatta non solo di film da regista, ma anche di cinema ascoltato, immagini trasportate nelle sue canzoni, brani divenuti colonne sonore di capolavori di altri e nata quando il Maestro era bimbo in una casa che sul tetto ospitava un’arena

Di Gino Castaldo

Faceva parte del suo destino di artista, ineluttabile come tutto quello che ha fatto. Il rapporto con l’immagine è stato continuo, sempre presente, esercitato in ogni occasione possibile, e possiamo perfino immaginare come sia cominciato.

Quasi troppo bello per essere vero, ma la relazione di Franco Battiato col cinema è ha avuto un battesimo fantastico, nel segno magico di una grande storia. Neanche fosse il bambino protagonista di Nuovo cinema paradiso, i primi anni della sua vita li ha passati in una casa il cui tetto faceva da arena per un cinema all’aperto.

I film, a caso, disordinatamente e ossessivamente, gli entravano in casa, erano un elemento naturale della vita, c’erano, nell’aria, li andava a sbirciare di tanto in tanto, e molte volte era solo un suono che entrava dalla finestra. Come gli piaceva raccontare, molto di quel cinema appreso in modo disordinato e suggestivo lo ha anche solo “ascoltato”. Ascoltare il cinema, ecco una frase che avrebbe potuto essere una delle epigrafi ai suoi lavori.

La storia inizia nella “vecchia” Sicilia dell’infanzia, la stessa che ha immortalato nel più candido e ben riuscito dei suoi film, il primo, girato nel 2003, intitolato Perduto amor, come una vecchia canzone di Adamo, e dichiaratamente autobiografico.

Franco Battiato sul set di Perduto Amor (2003), il suo primo film da regista, con i protagonisti Donatella Finocchiaro e Corrado Fortuna

Al cinema vero e proprio c’era arrivato tutto sommato tardi, come un vezzo di completezza da artista maturo, ma da quel magico imprinting dell’infanzia era derivato un amore per le immagini che ha attraversato costantemente tutta la sua attività, compreso ovviamente il flusso principale della sua carriera che era la musica.

Era molto attento alle grafiche di copertina, alle pose fotografiche che disegnarono un’identità del tutto originale nel panorama italiano, si dilettava a dipingere quadri a tema orientale, e poi ovviamente i videoclip che ha voluto in molti casi dirigere di persona, altro incontro ineluttabile considerando che la sua ascesa popolare coincide esattamente con l’avvento della videomusica. Si parla di immagini “per” la musica, ma c’è stata anche la musica per immagini.

Curiosamente la prima delle sue colonne sonore l’ha scritta per un regista che portava il suo stesso cognome, Giacomo Battiato, ma non c’era alcuna parentela, per un film dedicato alla figura di Benvenuto Cellini. E pochissimo altro. Più che altro sono state le sue canzoni a entrare prepotentemente nei film, vedi soprattutto la speciale predilezione coltivata nel tempo da Nanni Moretti, che spesso e volentieri ha incluso nei suoi lavori l’inconfondibile voce del Maestro.

E poi le opere, che per definizione erano progetti totali, che coinvolgevano suoni e scene, coreografie e azioni. Ricordiamo Gilgamesh, Genesi, Il cavaliere dell’intelletto, dedicata alla maestosa figura di Federico II. Anche le opere furono occasioni per sperimentare abbinamenti audaci, ma naturalmente la sintesi di tutto questo percorso prese corpo quando finalmente arrivò alla produzione di film interamente suoi. Il Battiato regista non è certo passato alla storia come quello delle canzoni, eppure c’era sempre una visione d’artista che incalzava e chiedeva di essere ascoltata.

Perduto amor era un gioiello molto promettente, sembrava quello che in fin dei conti ci si aspettava da lui: film che sembrassero canzoni estese e prolungate, il frutto di quella speciale abilità sensoriale di ascoltare le immagini. A seguire, più che sperimentare un linguaggio originale, cercò di assecondare alcune tematiche che gli erano care, e quindi arrivò Musikanten, che raccontava gli ultimi anni della vita di Beethoven e infine Niente è come sembra, un condensato della sua vocazione esoterica.

Ma è mancato sul cinema un affondo più decisivo, lasciando un senso di incompiuto, come se il vero e più profondo dei suoi film sia quello che possiamo immaginare montando come un gigantesco mosaico tutti i tasselli visivi della sua irripetibile storia d’artista.

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