I film di oggi: Offseason e Immersion

Offseason

Mickey Keating è uno di quei registi che del cinema di genere ha fatto la sua ragione artistica. In dieci anni dietro la macchina da presa ha esplorato le molte derive del genere, senza mai dimenticare quanto l’horror sia uno specchio della contemporaneità, un genere in cui critica sociale e politica non possono mancare, altrimenti tutto si ridurrebbe a vana ostentazione della violenza.

Dallo slasher all’horror psicologico al thriller, Keating ha analizzato tanti aspetti dell’America di oggi. In Darling (2015) ha raccontato il progressivo disfacimento psicologico di una donna sola negli Stati Uniti maschilisti, in Ritual si è occupato del fenomeno delle sette, Carnage Park è una variazione sul tema di Non aprite quella porta, con tutte le connotazione classiche dello slasher come metafora della lotta di classe.

Non è da meno questa sua ultima fatica, Offseason, incentrato sul ritorno di Marie nell’isola natale, Lone Palm. Marie ha ricevuto una strana e misteriosa lettera che ha a che fare con la sepoltura di sua madre. La donna decide di indagare e quindi si reca sull’isola in compagnia del fidanzato George.

Località di vacanza, quando la stagione è finita quello che di solito è un paradiso per villeggianti si trasforma in un inquietante scenario desolato. Proprio come quello di un film horror, solo che Marie lo vivrà in prima persona.

Protagonista del film è Jocelin Donahu, che gli amanti del cinema di genere indipendente conosco bene, in particolare per il suo ruolo in I Trapped the Devil, film assolutamente da recuperare per qualunque appassionato di horror.

Immersion

La seconda proposta di oggi per Le stanze di Rol è un film cileno, cinematografia che negli ultimi anni ha avuto interessanti sviluppi, e non solo grazie a un cineasta ormai universalmente noto come Pablo Larraìn. Basti pensare al cinema di Patricio Guzman, che attraverso la potenza della natura cilena ha raccontato anche le sue ferite politiche e sociali.

Ma nell’impervia striscia di terra andina che si affaccia sul Pacifico si sta sviluppando anche un movimento di genere che sta facendo sue entrambe le lezioni, quella più mainstream, ma comunque d’autore, e quella quasi sperimentale.

Nic Postiglione già nei suoi due cortometraggi aveva dimostrato di sapere gestire benissimo il cinema ad alta tensione. In questo suo esordio nel lungometraggio dimostra anche di avere capito una lezione ben più pratica.

Storia semplice e molto efficace in termini di messa in scena: un padre e le sue due figlie, sono in barca su un lago tornando a casa. Incrociano una barca che sta affondando, e nonostante la ritrosia del capofamiglia, aiutano i due naufraghi che dicono di essere alla ricerca di un amico disperso. Ovviamente non è sarà una buona idea.

Postiglione ha scelto come suo attore principale Alfredo Castro, l’attore favorito di Pablo Larraìn, l’equivalente cileno di Toni Servillo. E lo ha calato in una storia che ricorda non poco quello che è ormai un classico, Ore 10: calma piatta. A questo unisce, come ciliegina sulla torta, la straordinaria bellezza della natura cilena.

Tutti questi elementi messi insieme contribuiscono a creare un film dal fascino indiscusso, che il 39. Torino Film Festival presenta in anteprima mondiale.

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