In concorso: Grosse Freihet di Sebastian Meise

Grosse Freihet / Great Freedom

Austria/Germania, 2021 Regia Sebastian Meise Interpreti Franz Rogowsky, Georg Friedrich Durata 117’

Nella Germania del secondo dopoguerra Hans Hoffman (Rogowsky) è condannato ripetutamente per omosessualità. L’unica relazione stabile della sua vita diventa così il suo compagno di cella Viktor (Friedrich), un condannato per omicidio. Quella che tra loro è inizialmente repulsione diventa un amore fatto di silenzi, sguardi, dolore e speranza, dove i gesti si ripetono tragicamente sempre uguali, in un melodramma sulla ricerca di libertà e amore. Il film di Meise, che segue il suo acclamato debutto Still Life (2011) e il documentario Outing (2012), approda a Torino dopo la premiere mondiale a Un Certain Regard del Festival di Cannes 2021 e fa luce sulla follia del cosiddetto paragrafo 175, che in Germania ha criminalizzato l’omosessualità, con condanne a pene detentive fino a dieci anni. Durante gli anni del dopoguerra nella sola Germania occidentale sono stati processati 100.000 uomini perché il paragrafo 175 consentiva alle autorità di intercettare e confiscare lettere d’amore e di sottoporle alla corte come prove, nonché di installare telecamere dietro specchi, violando la privacy di queste persone, rivelandone le vite intime ed esponendole al pubblico. Il divieto dell’omosessualità è rimasto in vigore in Germania fino al 1969, ma ci sono voluti altri 25 anni prima che il paragrafo 175 scomparisse completamente dal codice civile tedesco nel 1994.

«Immaginate un mondo in cui l’amore è proibito dalla legge e punito con la reclusione. Quella che sembra una distopia era la realtà per gli uomini gay in Germania fino alla fine degli anni ’60 – ha spiegato il regista – il paragrafo 175 ha permesso allo stato di perseguitare gli omosessuali con grande meticolosità e impiego di mezzi. Questo fatto storico mi era sconosciuto fin quando non ho letto i rapporti sugli uomini gay liberati dai campi di concentramento dagli Alleati, ma trasferiti in prigione per scontare le condanne rimanenti e quella persecuzione è continuata per decenni».

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