L’angelo dei muri, la chiusura in anteprima mondiale è italiana

Lorenzo Bianchini, regista de L’angelo dei muri, è un cineasta che nel genere cerca elementi primordiali, sensi e sensazioni, atmosfere, emozioni apparentemente sopite salvo poi esplodere potentissime.

Bianchini fa l’horror nella sua forma più pura, cinema indipendente e underground con pochi soldi e tante idee. L’Angelo dei muri è il suo quinto lungometraggio, otto anni dopo il precedente Oltre il guado, opera che una platea specializzata come quella del Sitges Film Festival nel 2013 apprezzò non poco.

L’angelo dei muri è la storia di una solitudine

Tema da sempre caro a Bianchini, come lui stesso conferma.

«L’angelo dei muri è il risultato di una riflessione sulle solitudini iniziata con Occhi (2010) e poi sviluppata con Oltre il guado. In questi due film la paura è evocata da ciò che risiede al di là del confine tra la vita e la morte, in quella zona misteriosa dove trovano ristoro le umane speranze di immortalità. L’angelo dei muri descrive una paura ancora più profonda, generata da un vecchio trauma irrisolto».

Il film ruota attorno alla figura di Pietro, un uomo anziano e solitario che vive in un palazzo del centro di Trieste, vecchio e cadente, un po’ come lui. È casa sua, e da lì pensa di non andarsene se non da morto, finché la falce non arriva sotto forma di ordinanza di sfratto. Pietro però non molla e ordisce un piano: sparire, nella sua casa. E dal suo nascondiglio, spiare quello che succede nelle altre stanze, finché non troverà la maniera di vincere la partita. Ma a un certo punto, in casa arriva una madre disperata a cui serve dare un tetto alla figlia. Riuscirà Pietro a fare qualcosa per fronteggiarle?

Claustrofobico e disturbante, ma soprattutto doloroso, con due solitudini che si confrontano, due dimenticati che la società stessa mette uno contro l’altro loro malgrado, L’angelo dei muri è la chiusura in anteprima mondiale de Le stanze di Rol del 39. Torino Film Festival.

Il curatore della sezione Pier Maria Bocchi sottolinea «la stima nei confronti di Bianchini, che ha radici lontane, fin dal suo esordio Lidrîs cuadrade di trê (2001). Sono felicissimo di poter lasciare entrare il suo ultimo lungometraggio nelle Stanze di Rol, e di affidargli il compito di chiuderle»

Film dal respiro internazionale, ha per protagonista una vera e propria leggenda del cinema francese, Pierre Richard, icona della commedia degli anni Settanta e Ottanta, interprete raffinato che come tutti i grandi comici conosce e sa interpretare il dramma dell’esistenza. Una presenza che impreziosisce ulteriormente il film, insieme all’interpretazione di Iva Krajnc Bagola.

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