Due titoli internazionali da Olanda e Usa. E due italiani

Ci trasportano dalle memorie della Cina maoista all’Etna, passando per l’America delle lotte civili negli anni ’60 e un casale sperduto nell’Italia del 2020, i film in competizione domenica 27 marzo nelle sezioni Concorso internazionale documentari e Concorso documentari italiani del 40° Torino Film Festival. Per la prima abbiamo infatti Silver Bird and Rainbow Fish di Lei Lei (ore 15.30 al Greenwich) e Riotsville, USA di Sierra Pettengill (Ore 17.30 al Greenwich), per la seconda Dove vanno i vecchi dei di Giuseppe Spina e Giulia Mazzone (Cinema Romano, ore 16) e Corpo dei giorni del collettivo Santabelva (Cinema Romano, ore 19).

Silver Bird and Rainbow Fish 

Id., USA/Olanda, 2022. Regia Lei Lei. Durata 1h e 44’.

Il regista Lei Lei rievoca la Cina che fu in questo film che s’inserisce nella pregevole tradizione del documentario d’animazione, come il recente pluricandidato agli Oscar Flee. «Non mi preoccupo davvero della categoria in cui i miei film verranno collocati», afferma Lei Lei, secondo cui Silver Bird and Rainbow Fish potrebbe definirsi un «film-saggio», che «potrebbe essere considerato una terza via del cinema, tra live action e documentario, che consenta agli autori di esprimersi più liberamente attraverso i suoni e le immagini».

La vicenda che si rievoca è quella del padre del filmmaker, Lei Jiaqi, e della sua famiglia divisa (anche) dalle vicissitudini politiche del Paese tra gli anni ’50 e ’60. Il titolo si riferisce metaforicamente alle diverse madri che avrà Jiaqi, quella morta all’inizio del film e quella che si unisce alla famiglia prima che questa venga nuovamente separata dagli effetti della Rivoluzione culturale. Spiega Lei Lei: «Nel film succede che questi due personaggi materni siano ritratti come due animali, l’uccello d’argento per l’una e il pesce arcobaleno per l’altra».

Riotsville, USA

Id., USA, 2022. Regia Sierra Pettengill. Durata 1h e 31’.

Negli anni ’60 gli Stati Uniti d’America sono attraversati dalle lotte dei movimenti per i diritti delle persone afroamericane. In città come Chicago, Newark e Detroit scoppiano rivolte. Per reazione, i dipartimenti di polizia si militarizzano, l’amministrazione di Lyndon Johnson, tramite la commissione Kerner, aumenta a dismisura i finanziamenti per le forze dell’ordine. E, nelle città-set note come “Riotsvilles”, agenti e militari vengono addestrati per rispondere con la forza alle proteste.

Su questi fatti si sofferma la regista Sierra Pettengill (The Rifleman, Graven Image, The Reagan Show) nel suo doc interamente composto da materiali d’archivio, tra cui veri filmati degli addestramenti nelle Riotsvilles. Un modo per riflettere sulla nascita dell’ossessione securitaria e l’affermarsi di derive repressive in una società come quella americana di allora, dove le analogie col presente sono molteplici. Perché, tra le domande che si è posta la filmmaker, quella cruciale è come il caso delle riotsville «si colloca rispetto a una nazione fondata sul suprematismo bianco, determinata a lanciare una guerra contro i cittadini neri, in un loop per centinaia di anni». Un interrogativo inquietante, e la risposta potrebbe esserlo ancora di più.

Dove vanno i vecchi dei

Italia, 2022. Regia Giuseppe Spina, Giulia Mazzone. Durata 1h e 7’.

Un viaggio tra Storia e mito, natura e tecnologia, materia fisica e narrativa è quello che ci offrono Giuseppe Spina e Giulia Mazzone con Dove vanno i vecchi dei (prodotto da NOMADICA.EU), dove una scalata dell’Etna è narrata in tre parti corrispondenti alle regioni del vulcano, quella inferiore, quella del fuoco e quella deserta. «Partendo dal diario di viaggio del giovane Alexandre Dumas (padre)», spiegano i registi, «abbiamo fatto riferimento alla mitologia greca, a Ovidio, Lazzaro Spallanzani, l’Appendix Vergiliana, Colombano di Bobbio, Carlo Gemmellaro, Haroun Tazieff, Chris Marker, e Cesare Pavese il cui passo tratto dai Dialoghi con Leucò dà il titolo al film».

Spina e Mazzone procedono attraverso due direttrici: «Da una parte un’esperienza fisica, il tentativo dell’ascesa al vulcano, lungo la sua pelle del vulcano, la sua superficie, fino ai crateri sommitali. Dall’altra una discesa, un percorso che tenta di penetrare i segreti della materia, sprofondando dentro il suo corpo». Così «tutto entra in relazione con forze archetipiche e mitiche», mentre «si resta visivamente incollati alla materia del vulcano, e lo stesso disegno sonoro mescola presa diretta e voice-over a elaborazioni di frequenze generate da sismogrammi e da vibrazioni di rocce basaltiche».

Corpo dei giorni

Italia, 2022. Regia Santabelva. Durata 1h e 36’.

È un sguardo inconsueto sull’Italia del marzo 2020, all’alba del primo lockdown da Covid-19, quello che ci propongono i registi del collettivo Santabelva (Henry Albert, Saverio Cappiello, Gianvito Cofano e Nikola Lorenzin). I quali in Corpo dei giorni (prodotto da A Small Company) si confrontano con l’ex terrorista neofascista Mario Tuti, condannato all’ergastolo per tre omicidi e temporaneamente fuori di prigione. La sua vicenda si intreccia con quella di altre figure che ruotano attorno a un casale isolato in mezzo alla natura, tra cui il proprietario Pio.

Ne emerge, raccontano i filmmaker, «il violento, inamovibile, impenitente fascismo di Mario; la riunione di Nazareno con le figlie perdute; il lento studio di Nicola; l’ospitalità senza condizioni di Pio. Temi enormi, più grandi dei limiti fisici e narrativi della pandemia». Così, proseguono, «rendendoci conto, giorno dopo giorno, di dove e con chi ci trovavamo, abbiamo iniziato ad appartenere anche noi – con il teleobiettivo, i nostri microfoni direzionali e i nostri dubbi – allo spazio-tempo sospeso del casale. Al suo interno sono diventate più evidenti le scelte che dal passato superavano il presente, gli eventi essenziali delle vite che avevamo davanti – il corpo dei giorni».

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