IN QUESTA PAGINA:
- Il Cristo in Gola di Antonio Rezza
- A Tale of Filipino Violence di Lav Diaz
Il cristo in gola
di Antonio Rezza
Mai scontato, sullo schermo Antonio Rezza finisce spesso per essere imprevedibile, forse anche per sé stesso. Ancor più in un film dalla lavorazione così lunga, iniziata addirittura nel 2004, come Il cristo in gola che – insieme a Lav Diaz – apre il Fuori Concorso di questo Torino Film Festival. Un “Vangelo secondo Antonio Rezza” nel quale il figlio di Dio comunica solamente attraverso urla devastanti e nasce piangente tra zolle di sabbia e terre bagnate, accettato da un Giuseppe intontito dalla solennità che il destino impone e convinto da un Argcangelo Gabriele in tenuta militare. “Faccio un Cristo che non dice una parola, si tappa la bocca e la tappa al suo autore pezzente”, dice lo stesso regista, quasi rassicurante nell’annunciare un “approccio alla figura del Nazareno estremamente rispettoso“.
Un Cristo che avrebbe dovuto recitare, ma che nel lento farsi del film Rezza ha sentito di dover rendere indipendente da sé stesso. “Il film è filologico fin quando lo dirigo: Maria che partorisce, Giuseppe che sonnecchia, l’Arcangelo proclama, Erode manomette, Battista che sciacquetta – spiega. – Ma quando mi dirigo mi scappa dalle mani perché io, oltre a quella di Dio, non riconosco neppure la parola mia“. Tanto per non smentirsi, e prima di promettere uno sviluppo che “deriva verso luoghi ignoti, sfugge di mano“, soprattutto quando “il corpo, facendo irruzione nel racconto, strappa l’opera all’autore che l’opera controlla”.
Pianti, strilli, incontri con un fastidioso demonio fuori da ogni schema popolano la ri-creazione con cui il Leone d’oro per il teatro, piemontese di nascita, torna sotto la Mole. Un “film comico, satirico, tragico, religioso” che promette di essere molto altro, e di sorprendere anche per il ruolo centrale della Madonna, al fianco del figlio nelle sue sofferenze terrene e nel suo costruirsi la propria croce, con sega e martello, come tutti gli uomini.
Il cristo in gola
Italia, 2022. Regia: Antonio Rezza. Interpreti: Antonio Rezza, Maurizio Catania, Stefania Saltarelli, Domenico Vitucci, Paolo Zanardi, Maria Bretagna, Federico Carra, Giordano Rezza, Gianmarco Balsamo. Durata 78’.
A Tale of Filipino Violence
Lav Diaz
Habitué dei principali festival europei e internazionali il filippino Lav Diaz torna in Italia con il suo nuovo A Tale of Filipino Violence, un film “per la televisione” – come spiega lo stesso filmmaker – “costruito da una serie televisiva commissionata: la mia prima“. Delle produzioni televisive cui siamo abituati ha di certo la durata, di quasi sette ore, ma a differenza della versione per il piccolo schermo, il film presentato al Torino Film Festival (e prima al FID di Marsiglia) è in un bianco e nero assolutamente cinematografico. Quello che meglio si prestava all’adattamento del romanzo storico del connazionale Ricky Lee, “Servando Magdamag“, sulla parabola della famiglia Monzon durante il regime di Ferdinand Marcos. Siamo nel 1974, due anni dopo l’imposizione della legge marziale da parte del dittatore morto nel 1989, ma è il dramma di un intera Nazione a emergere dall’intreccio di racconto privato e pubblico, mentre prende corpo un affresco di violenza e sopraffazione dalle radici antiche e profonde.
“È stata un’occasione per sfondare un’opera inespugnabile“, ha detto il regista del lavoro fatto sul classico della letteratura filippina, una versione che “sicuramente correrà il rischio di essere considerata un sacrilegio” – come sottolinea – nonostante la benedizione dello stesso Lee, co-sceneggiatore di quella che viene definita una “cine-novela”, ma che nasce solo come contropartita dell’accordo alla base della realizzazione di una serie televisiva in otto parti, a colori, intitolata come il libro, e della sua successiva diffusione in quella che Diaz chiama “la scatola degli idioti“. E che ammette di aver praticato come autore di “sceneggiature per un’antologia drammatica e una sitcom, e alcune scenette di uno spettacolo educativo per bambini“, pur ignorandola dichiaratamente.
Girato, non senza difficoltà, durante la fase più acuta della pandemia, il risultato è quello di una denuncia dalla intensa valenza allegorica che dalla ricostruzione delle “questioni agrarie e l’assetto feudale della società filippina” punta a dimostrare la responsabilità di tanta violenza nell’insorgenza di “traumi e fratture della psiche” della popolazione.
A Tale of Filipino Violence
Isang Salaysay ng Karahasang Pilipino, Filippine, 2022. Regia: Lav Diaz. Interpreti: John Lloyd Cruz, Bart Guingona, Agot Isidro, Hazel Orencio, Noel Miralles, Noel Sto. Domingo, Earl Ignacio, Topper Fabregas, Gio Gahol. Durata 412’