Simona Ventura, Alice Rohrwacher, Claudio Santamaria e il premio a McDowell – CRONACHE DAL FESTIVAL

IN QUESTA PAGINA:

  • Video intervista a Claudio Santamaria
  • Simona Ventura, su Marco Pannella “ci vorrebbe una serie”
  • Alice Rohrwacher: «Abbiamo fatto un kolossal»
  • Malcolm McDowell ritira il Premio Stella della Mole

Claudio Santamaria al TFF per La generazione perduta

Prossimamente sarà lui a doppiare il Super Mario del film dedicato al baffuto idraulico italiano dei videogiochi, ma per ora la voce di Claudio Santamaria è tutta per La generazione perduta, il film di Marco Turco che esplora un momento drammatico dei nostri anni ’70 e la emblematica figura di Carlo Rivolta.

Già insieme a lui nel Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu del 2007, il regista romano ha pensato immediatamente all’attore per portare sullo schermo i diari e il pensiero del giornalista di Repubblica e Lotta Continua, morto nel 1982, al centro del documentario sul fenomeno dell’eroina nel nostro Paese.

“Mi tornava sempre in mente Rino Gaetano, perché Carlo e Claudio si somigliano in maniera spaventosa – sono state le parole di Turco. – E poi hanno in comune una sorta di purezza, ingenua”. Che emerge nel corso del film, e nei commenti dell’interprete, incontrato in occasione della presentazione ufficiale al pubblico del Torino Film Festival 2022.

Mattia Pasquini


Simona Ventura, su Marco Pannella “ci vorrebbe una serie”

Un ritratto “totalmente inedito” di un personaggio importante, lo storico leader del Partito Radicale – e portabandiera di alcune delle battaglie civili più importanti nel passato del nostro Paese – protagonista del Marco inedito: Dagli ultimi 100 giorni di Marco Pannella con il quale Simona Ventura torna alla regia, e di nuovo di un documentario (dopo Le 7 Giornate di Bergamo presentate a Venezia).

“Il classico personaggio del quale tutti possono scrivere, e in maniera diversa” dice la Ventura, presente al TFF con il compagno e ideatore del progetto Giovanni Terzi. E aggiunge che “ci vorrebbe una serie” per raccontarlo in maniera davvero completa, come sarebbe stato impossibile fare nonostante l’incredibile materiale di partenza, registrato dallo stesso politico nel 2016 con la collaborazione del suo assistente da 15 anni Matteo Angioli, l’attivista Laura Harth e la compagna di sempre Mirella Parachini.

In attesa di sapere quale sarà la destinazione del film (“stiamo valutando una serie di iniziative istituzionali, dal parlamento italiano a quello europeo, dalle scuole alle carceri”), intanto, questa è stata l’occasione per la coppia di “capire ancora di più quanto fosse importante il nostro amore”, come dice Terzi. Al quale fa eco la cinquantasettenne regista, che confessa:

Conoscevo poco Marco Pannella, a le sue battaglie ero andata poco in profondità sul personaggio, che ho scoperto essere straordinario. E’ stato visionando le immagini dei filmati che mi sono appassionata a un politico tanto diverso dall’idea che si ha normalmente dei politici. Uno che ha combattuto non per sé stesso o per la sua parte politica, ma per i diritti di tutti, perché tutti noi potessimo scegliere”.

“In un mondo che ha sempre meno memoria, soprattutto con l’avvento di Internet, e che non ammette cadute e fallimento, abbiamo cercato di capire come poter trarre una profondità da quei video – continua Simona Ventura. – Tenere viva la memoria è la funzione dei documentari ed è stato il nostro obiettivo, anche per chi non lo ha potuto conoscere, ne ha sentito parlare dal padre o dai nonni, e potrebbe avvicinarsi al suo mondo. Volevamo lasciare una testimonianza alle nuove generazioni, perché vedano che la politica è anche altro, passione e ideali, e possano innamorarsene”.

“Quando facevo la giornalista mi pesava scrivere, lo vedevo come un dovere, preferivo lavorare con musica e immagini, mi veniva bene – ha concluso, fugando i dubbi sulla pesantezza dell’operazione realizzata, a suo modo anche leggera. – Di una leggerezza che mi viene da come ho sempre costruito i miei programmi televisivi, sull’alto-basso che teorizzava Freccero che mescolava momenti leggeri e altri più impegnati. Mi addormentavo anche io sentendo certi politici. La leggerezza è voluta, perché i momenti più profondi vengano ancor più rafforzati da quelli leggeri. Credo che alla fine siamo riusciti a fare un mix molto bello, con un Renato Zero esilarante che parla dei baffi della zia Letizia e lo splendido momento in cui Pannella canta la sua canzone preferita, Bene di Francesco De Gregori, che siamo riusciti a mettere in un finale che ci ha fatto commuovere”.

Mattia Pasquini


Alice Rohrwacher: «Abbiamo fatto un kolossal»

La regista, al Torino Film Festival per presentare un suo video sulla fotografa Lisetta Carmi, e parla del valore delle immagini e del suo prossimo film in uscita nel 2023

Alice Rohrwacher

Le Gallerie d’Italia di Torino hanno ospitato la regista a sceneggiatrice Alice Rohrwacher (Lazzaro felice, 2018) per un incontro tra l’arte della fotografia e il cinema. Nell’ambito della mostra monografica dedicata alla fotografa genovese recentemente scomparsa, “Lisetta Carmi. Suonare Forte”, Rohrwacher ha presentato il suo video in omaggio ad una delle personalità più interessanti del panorama fotografico italiano e ha parlato del suo nuovo film, di prossima uscita nel 2023, La chimera.

Appena ho visto l’immagine di Lisetta ho avuto subito l’idea di come potesse essere un omaggio video alla sua figura – ha detto Rohrwacher alla presentazione del suo lavoro –  Una nuvola di capelli crespi, che avevano un valore molto forte per lei”.

“Suonare forte”, Lisetta Carmi

L’idea di questo video è nata alla regista a Genova, mentre era impegnata nelle riprese del suo recente documentario Futura, dove ha avuto l’occasione di ascoltare un coro di ragazzi che intonavano un madrigale. “Ho ascoltato una delle canzoni d’amore più pure che abbia mai sentito e le parole per me evocavano la figura di Lisetta: lo spavento, la vertigine che si può provare di fronte ad un volto. Io ho sentito questo turbamento”, ha detto Rohrwacher.

Il video è costituito da un coro di ragazzi che, sui luoghi fotografati da Lisetta Carmi, canta le parole di un madrigale. “Di Lisetta mi ha colpito l’attenzioni alle cose piccole, che sembrano trascurabili e che forse non saremmo in grado di vedere. Lei ha reso possibile che tutti le vedano”.

Dalla fotografia al cinema il passo è breve e la regista spiega l’importanza di restituire immagini che rendano lo spettatore libero e non schiavo di ciò che osserva. “La particolarità di Lisetta è che raccontava una relazione con il soggetto e questa relazione la sentiamo. È lo stesso per un film  che combatte contro la grammatica dell’invisibile. Credo nella forza totemica dell’immagine. È difficile perché quando si crea un’immagine la tentazione di sfruttarla è forte, lasciarla libera, non schiavizzarla è difficile, ma nel momento in cui la crei, senza voler vendere niente a nessuno, è come proporre un affaccio su una prospettiva diversa. E credo che si debba rispettare l’intelligenza dello spettatore. Questo è importante per creare immagini libere”.

Fare un film – continua la regista – assomiglia molto al prendersi cura della casa. Significa mettere ordine tra le cose. A volte le cose tendono a litigare: la storia con la musica, la musica con gli attori. Credo che la dote richiesta per fare questo lavoro sia l’amore nel mettere insieme le cose, l’amore per ciò che unisce, come le feste o anche i rave party”.

Il 16 dicembre uscirà su Disney+ il suo nuovo cortometraggio Le pupille, tratto da una lettera che Elsa Morante scrisse a Goffredo Fofi. “È un film inaspettatamente sul Natale, ma chi conosce i due soggetti può immaginare che tipo di visione del Natale ci sia: piuttosto anarchica; è un film sulla necessità che abbiamo delle bambine cattive”. Poi Rohrwacher aggiunge qualcosa su La chimera, ambientato negli anni 80, nel mondo clandestino dei “tombaroli”, in uscita nel 2023. “Abbiamo fatto un kolossal che potrebbe durare 5/6 ore, un film molto impegnativo che ora è in fase di montaggio”.

Alice Rohrwacher non è al Torino Film Festival per presentare un suo lavoro, ma offre comunque un suo omaggio alla manifestazione: “Il Festival di Torino per me è stato il primo vero festival cinematografico, come spettatrice è stata la prima volta in cui ho assistito a 5 film in un solo giorno. È un festival prezioso”.

Vania Amitrano


Malcolm McDowell ritira la Stella della Mole

Il soggiorno di Malcolm McDowell al TFF si è concluso con la consegna del prestigioso Premio Stella della Mole, avvenuta ieri sera al Museo del Cinema alla presenza del Presidente Enzo Ghigo e dal Direttore Domenico De Gaetano con la seguente motivazione:

“Nella sua lunga carriera, Malcolm McDowell ha interpretato 270 film e in tutti ha lasciato un segno indelebile. Esordisce nel 1968 interpretando Mick Travis in If di Lindsay Anderson e già si fa portatore di una ribellione che caratterizzerà molte delle sue interpretazioni successive. Per il grande pubblico sarà sempre identificato con Alex DeLarge nel film di Stanley Kubrick Arancia meccanica, ma la sua fama di attore versatile è legata ai film più diversi, da Il bacio della pantera di Paul Schrader a Intrigo a Hollywood di Blake Edwards, da Mortacci di sergio Citti, a I protagonisti di Robert Altman e Halloween di Rob Zombie. Tra i molti premi di cui è stato insignito il Nastro d’argento europeo nel 2005 per Evilenko di David Grieco”.

«Ringrazio Steve Della Casa e tutti quanti per avermi ospitato – ha commentato McDowell -. I cittadini di Torino dovrebbero essere orgogliosi, oltre che per il Festival, per questo magnifico Museo del Cinema. Ne ho visitati tanti in giro per il mondo, ma non ce n’è nessuno che eguaglia questo».

E ha poi aggiunto: «Mi dispiace lasciare Torino, è una città bellissima ed elegante. Non posso pensare che mi toccherà tornare alle fabbriche di Manchester!»

Claudia Giampaolo

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