Era il 1923 quando la Eastman Kodak introdusse per la prima volta la pellicola 16 mm, diventata storicamente, per le sue caratteristiche di maggior maneggevolezza e minore dispendiosità, un formato frequentatissimo dal cinema indipendente e a budget ridotto, oltre che dai registi amatoriali.
Proprio questa tradizione è omaggiata dal 41° Torino Film Festival con la proiezione, nello spazio di restauri e riproposizioni Back to Life, di Birmania + Afghanistan. Ovvero, due filmati amatoriali di viaggio (60 minuti in totale) girati nei Paesi del titolo dall’ingegnere civile Ettore Angioletti Sardi e montati dalla consorte Luciana Petruccelli.
Eravamo tra gli anni ’60 e ’70 e queste pellicole, conservate negli archivi del Museo Nazionale del Cinema di Torino all’interno della collezione Petruccelli, tornano alla luce per i cento anni di quel 16 mm che ha segnato profondamente il modo di intendere e fare i film.
Lo ha ricordato lo stesso TFF nei giorni scorsi, durante i quali è stato presentato fra i titoli fuori concorso anche 16 mm alla rivoluzione, il doc di Giovanni Piperno che, in dialogo con Luciana Castellina, rievoca la stagione del nostro cinema militante e sperimentale strettamente legato alla storia del Partito Comunista Italiano. In effetti, senza il 16 mm, anche la storia sociale e politica di un Paese come il nostro non sarebbe stata la stessa.