Martone filma Jodice: respirare l’immagine

Al suo secondo appuntamento con il pubblico del TFF dopo la masterclass di martedì al Teatro Astra, Mario Martone ha presentato, questa volta nella sala di Gallerie d’Italia di Palazzo Turinetti, un passaggio (5 minuti rispetto ai 15 annunciati, prima della proiezione serale al cinema Romano del film completo) del mediometraggio Un ritratto in movimento – Omaggio a Mimmo Jodice, dedicato al suo amico e concittadino.

La fase di cattura

L’estratto mostra il mare osservato dal meticoloso fotografo napoletano (classe 1934), apprezzato a livello internazionale e capace con i suoi scatti e con un attento dosaggio della luce, sia essa naturale e pazientemente attesa, sia ricalibrata attraverso varie prove durante lo sviluppo, di “umanizzare” statue antiche così come paesaggi silvestri o urbani. In alternanza e con composto trasporto, il nostro parla del suo metodo, di qualche trucco personale, del ruolo fondamentale della musica ascoltata in camera oscura.

La fotografia nella vita di ognuno

Appena si riaccendono le luci Martone, incalzato dall’esperto Roberto Koch mentre sullo sfondo campeggia una foto che è una sorta di making of della sequenza appena proiettata (vi sono ritratti i due artisti uno di fronte all’altro, ciascuno con la sua arma gentile su cavalletto: il fotografo con la sua macchina e il regista con la cinepresa), racconta: «Quando realizzo un film non faccio uno storyboard, preferisco fotografare i luoghi in cui dovrò girare. Mio padre faceva il pellicciaio, ma come tanti all’epoca sviluppava le foto in casa; aveva adibito uno stanzino a camera oscura. Le sue attrezzature da ragazzo le ho saccheggiate, dal proiettore per diapositive a quello Super8. Questo per dire che è qualcosa che fa parte della mia vita, come per tutti, in fondo. Anche il direttore della fotografia Elio Di Pace ha preso parte volentieri al progetto, in quanto figlio di fotografo.»

Preziose collaborazioni

Il film è montato dal fido Jacopo Quadri ed è stato scritto da Martone insieme alla compagna Ippolita Di Majo, come d’abitudine, da una decina d’anni in qua (lo spunto? «Facciamo scattare a Mimmo una foto»). Il cineasta ringrazia sentitamente e ripetutamente Barbara e Angela Jodice, figlia e moglie di Mimmo («Senza il loro apporto non si sarebbe fatto nulla!»). E, immancabile, c’è Napoli («approfondita, rivendicata, combattuta»), la galleria di Lucio Amelio dove sia Mario che Jodice sono cresciuti professionalmente. «L’idea è quella di viaggiare all’interno della fotografia, senza scantonare.»

Soffermarsi di più

Continua Martone: «A me piace raccontare gli artisti. A differenza di una volta oggi viviamo sommersi dalle immagini, ci sovrastano, si rischia di perdersi. È necessario ragionare sul loro senso, sul loro valore, sul gesto che c’è dietro. Sul rapporto con lo sguardo. Osservare un gigante come Mimmo Jodice ormai diventa importante non solo da un punto di vista estetico, ma filosofico. A me ha fatto ritrovare il gusto di respirare un’immagine.»

Di Massimo Arciresi

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