Ultras e poliziotti si incontrano al cinema sotto la Mole

Al Torino Film Festival due film, di Andrea Zambelli e Ruggero Deodato, diversi e con qualcosa in comune

Una delle più belle caratteristiche dei festival di cinema è la possibilità di creare cortocircuiti culturali che aiutano a meglio comprendere il mondo che ci circonda. Basta trovare il giusto percorso all’interno del programma per essere sballottati tra i generi, la finzione e la realtà. Oggi al Torino Film Festival, per esempio, si incrociano documentario e poliziottesco anni Settanta per raccontare due storie completamente diverse.

La prima è quella di Bocia, meno noto, probabilmente anche agli amici e ai parenti, come Claudio Galimberti, capo Ultras storico della curva atalantina in quel di Bergamo. Attraverso trent’anni di militanza A guardia di una fede, il doc di Andrea Zambelli racconta la parabola di Bocia, mostrando l’evoluzione di un modo di essere e di intendere i rapporti, le priorità, il concetto stesso di famiglia, attraverso i cambiamenti inevitabili che il corso degli eventi impone.

Dagli anni Novanta a oggi essere Ultrà non significa più la stessa cosa, quella insana fratellanza che a molti sembrava sovversione non c’è più, è stata annichilita passo passo dalla necessità di fare del calcio un business sicuro, in cui cellule impazzite come Bocia non potevano avere spazio, libertà d’azione e di parole.

«Per chi è cresciuto a Bergamo la Curva è uno spazio che prima o poi ti trovi a frequentare, e per molti ragazzi della mia generazione ha rappresentato un rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta” spiega Zambelli, regista che a Torino è di casa avendo collaborato con Davide Ferrario e portato tanti dei suoi lavori in diverse sezioni del festival.

“Ho conosciuto questa realtà nel 1994, e ho cominciato il mio percorso di filmmaker cercando di raccontare questo mondo. A guardia di una fede è la sintesi di questo viaggio attraverso il tempo. La storia senza tregua di una realtà ribelle, il granello di sabbia che blocca l’ingranaggio».

Si cambia sezione e dai Ritratti e Paesaggi si passa al Back to Life. Non si può riportare in vita Ruggero Deodato, che se n’è andato nel 2022, ma per fortuna si possono far risplendere i suoi film, grazie alle meritorie opere di restauro dei classici.

Uomini si nasce, poliziotti si muore lo meritava, dato che quando uscì nel 1976 fu ampiamente rimaneggiato per attutirne la violenza. Un peccato cinematografico e sociologico, perché il film (sceneggiato da Fernando Di Leo, era uno spaccato, amplificato dalle necessità di genere senz’altro, ma comunque abbastanza fedele a una realtà che mischiava criminalità più o meno organizzata ai movimenti terroristici di entrambe le fazioni.

Nel mezzo la figura del poliziotto, la guardia come sprezzantemente chiamata da chi di solito in quegli anni la metteva nel mirino. Alfredo e Antonio, i due protagonisti del film, si sentono anche al di sopra della legge, e probabilmente lo sono, perché se ne sono creata una tutta loro, salvo poi incontrare qualcuno le cui regole sono anche più estreme delle loro.

E a pensarci bene, anche il Bocia il codice se lo era fatto da solo, insieme ai suoi compagni di curva.

Ultràs e poliziotti, che si danno appuntamento sotto la Mole.

Add to Collection

No Collections

Here you'll find all collections you've created before.