In questa pagina:
- T.I.N.A.
- SOMEONE’S TRYING TO GET IN
- KOSHER TEST
- SOMETHING BLUE
- EMMA LA ROUGE
- GRACE
T.I.N.A
Italia, 2024, 14’
In una notte come tante in città, tre giovani uniti da comuni esperienze lavorative incrociano i loro destini. Dai loro racconti emergono piccole rinunce, umiliazioni quotidiane, difficoltà ad adattarsi alle aspettative di un mondo del lavoro spietato e impersonale. Ma è davvero questa la sola strada possibile?
Il regista, Marco Mazzone
(Abruzzo, 1995) vive e lavora a Roma. Ha conseguito la laurea in Cinematografia presso la Rome University of Fine Arts (R.U.F.A.) e il diploma in Regia cinematografica presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Attualmente lavora sia nell’industria cinematografica sia in quella dei video. «È davvero necessario mettere da parte i nostri desideri e la nostra vita in nome del lavoro – si chiede il regista – Potrà mai cambiare il nostro modello lavorativo? Fino a che punto siamo disposti a lasciare che il lavoro definisca le nostre vite e il valore che viene loro attribuito? Da queste domande nasce il titolo T.I.N.A., acronimo della frase “there is no alternative” attribuita a Margaret Thatcher e riferita all’impossibilità di avere un altro tipo di economia rispetto a quello del libero mercato e della deregolamentazione. Con tono a volte ironico, a volte meno, il corto mette in mostra le contraddizioni delle nostre vite lavorative riflettendo su ciò che ci sta accadendo e provando a cercare un’alternativa, sempre ammesso che esista…»
SOMEONE’S TRYING TO GET IN
Canada 2024, 23’
Bertrand, quarantenne haitiano richiedente asilo, è arrivato in un campo di raccolta per immigrati. Mentre tra i migranti si diffondono voci di deportazioni di massa, Bertrand aspetta la notte per fuggire nei boschi. Nel frattempo, in una casa isolata nelle vicinanze, Jessy osserva ossessivamente la sua proprietà attraverso delle videocamere ed esce anche lui nella notte per andare a lavorare. Nella casa restano sua moglie Alex e la figlia Madison, malata di epilessia: la bambina è spaventata dai rumori che sente provenire dall’esterno.
Il regista, Colin Nixon
(Canada), cercando di unire la passione per il cinema e l’impegno in organizzazioni non profit, realizza lavori che uniscono finzione e approccio documentario. Cresciuto nella regione canadese di Eastern Townships, ha studiato cinema al Cégep de Saint-Hyacinthe prima di laurearsi nel 2015 presso l’Université du Québec di Montréal. «Di fronte alla polarizzazione politica con cui è affrontato il tema dell’immigrazione, Someone’s Trying to Get in guarda in modo equilibrato a due possibili conflitti e mostra gli esiti dell’assenza di comunicazione tra comunità e individui – dichiara – Il cinema offre l’opportunità d’immaginare un dialogo tra Bertrand e Jessy, un richiedente asilo e un uomo che ha radicalizzato l’idea di protezione. Due realtà spesso intese separatamente, ma che forse potrebbero essere comprese meglio se ascoltate. Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura in un momento in cui temevo che qualcosa di terribile potesse accadere ai miei cari a causa della loro identità, poi grazie all’aiuto di consulenti per la sceneggiatura ho scoperto l’esistenza di pregiudizi pure nel mio lavoro. Questo mi ha portato a concentrarmi sul concetto di prospettiva, invitando gli spettatori a considerare il proprio punto di vista quando si trovano di fronte all’incertezza».
KOSHER TEST
Israele 2024, 16’
Tamar, ragazza ultraortodossa appartenente a una comunità estremista, viene portata in ospedale dal padre perché convito che la figlia abbia fatto sesso. La delicata questione della verginità di Tamar metterà a dura prova il suo rapporto con il padre e con il mondo del quale fa parte.
La regista, Riki Rotter
(Israele), nata in una comunità ultraortodossa da cui poi è fuggita all’età di 18 anni perché promessa sposa contro la sua volontà, si è laureata in cinema nel 2024 presso il Minshar College di Tel Aviv. Ha esordito nel 2020 con il cortometraggio scolastico Kera, vincitore del premio per il miglior cortometraggio in Israele di un concorso indetto da TikTok e poi selezionato al Festival di Cannes nella sezione TikTokShortFilm. Dal 2019 al 2023, ancora studentessa, ha partecipato alla scrittura della serie tv Mishmar HaGvul, in streaming su Netflix. «Il film non è solamente la mia storia personale – afferma – È la storia di una comunità, di una religione e di una cecità condivisa. Il test della verginità è una pratica comune in tutte le religioni e Kosher Test prova proprio ad affrontare in tutta la sua complessità il tema della vita religiosa. Poiché sono fuggita da quel mondo, ora ho l’opportunità di raccontare e mostrare il modo in cui la fede controlla la vita di tutti i giorni delle persone che appartengono a comunità chiuse».
SOMETHING BLUE
Usa 2024, 14’
Una ragazza cino-americana torna a casa per il matrimonio della cugina. Immersa in un clima di festa, prova a fare i conti con il passato che la tormenta e il trauma che ancora ne segna l’esistenza.
La regista, Jinsui Song
(Cina), cresciuta a Shenzhen, una metropoli nel sud-est della Cina, vive e lavora a Los Angeles. Laureata in regia presso la UCLA, possiede anche una specializzazione in sceneggiatura presso la Beijing Film Academy. Le sue opere sono state presentate su AMC+ e proiettate al Cairo International Film Festival, al FIRST International Film Festival e al Nashville Film Festival. «Tutto è iniziato quattro anni fa, quando mia madre mi ha inviato una foto del matrimonio di mia cugina. Da quel giorno non ho mai smesso di pensare: cosa sarebbe successo se fossi stata lì? Cosa avrei detto? Sarebbe stato in grado di riconoscermi? Non lo so – dice – Anche se Something Blue parla del mio personale trauma sessuale, non volevo semplicemente fare un film “a tema”. Con il sostegno del Panavision New Filmmaker Program, ho cercato di realizzare un film complesso come le donne che mi circondano. Questo film è un ritratto di queste donne, in particolare delle donne cinesi cantonesi. Spero che questo film faccia capire a tutte noi che non siamo sole».
EMMA LA ROUGE
Francia, Polonia 2024 14’
New York, 1906. Nel cuore della notte, Emma Goldman riceva una chiamata: deve aiutare a far nascere un bambino in una poverissima famiglia ebrea di Brooklyn. Facendo il possibile, Emma cerca di alleviare la sofferenza della madre. Tornata a casa, si confronta con il suo compagno Ed, estenuato dalle sue continue assenze. Costretta a scegliere tra l’amore e l’attivismo, scriverà il famoso e influente discorso La tragedia dell’emancipazione femminile.
La regista, Macha Ovtchinnikova
Professoressa di Storia del cinema ed estetica presso l’università di Strasburgo, nei suoi lavori fonde documentario, arti visive e finzione. A interessarla è soprattutto la tradizione ebraica e mitteleuropea, in particolare le lotte del movimento socialista e le tragedie della diaspora ebraica. Red Emma è il suo primo lavoro di finzione. «Red Emma chiama in causa i vari volti dell’anarchica femminista Emma Goldman, che nella sua vita fu ostetrica, attivista, amante – racconta – Gli interni sono stati costruiti e girati su un palcoscenico teatrale, con le scenografie volutamente parziali che lasciano allo spettatore il compito di immaginare ciò che ricostruzioni storiche più accurate invece mostrano esplicitamente. La messinscena fonde naturalismo e arti visive, con un’attenzione forte, però, alla componente sociale dell’opera di Emma. Sono tanti, ad esempio, gli anacronismi nel film, a sostegno dell’idea di atemporalità delle sue idee, espressione di un femminismo proteiforme che ogni donna può inventare come vuole (sia ella madre, amante, moglie o single), al centro del quale ci sono comunque l’amore e la sessualità».
GRACE
Usa 2024, 13’
Sud degli Stati Uniti, anni ’50. In una comunità rurale, la sedicenne Grace si prepara per il battesimo. E quando scopre che prima del rituale dovrà confessarsi comincia a riflettere sui sentimenti verso la migliore amica Louise. Una comunità afroamericana, il sud gotico, una lente queer che esplora un vecchio immaginario.
La regista, Natalie Jasmine Harris
(Silver Spring, Maryland, USA) è una regista queer nera il cui lavoro spazia tra forme narrative, documentaristiche e sperimentali. Il suo film di tesi alla NYU, Pure (2021), ha ricevuto il Directors Guild of America’s Student Film Award ed è stato acquistato dalla HBO. Al momento fa parte della Sundance Ignite Fellowship e ha partecipato a numerosi programmi per artisti al Lincoln Center, GLAAD, SFFILM e Outfest e sta lavorando allo sviluppo di Pure come suo primo lungometraggio. Il suo lavoro è stato pubblicato in pubblicazioni come “Teen Vogue”, “The Baltimore Sun” e “Huffington Post” ed è incentrato sull’esperienza di liberazione e coming-of-age delle comunità emarginate. «I semi della storia di Grace affondano nel passato della mia famiglia – afferma – Mentre la mia bisnonna fuggiva dalla Carolina del Sud durante la “grande migrazione», ciò che desiderava era che le sue figlie rimanessero legate alle loro radici meridionali. Ogni estate mia nonna e sua sorella visitavano i nonni nel sud, raccoglievano pesche, allevavano polli, correvano nei campi di fiori, catturavano lucciole. Si innamoravano, anche, e poi disinnamoravano. Sebbene né lei né sua sorella si siano mai identificate come queer, Grace è nata immaginando il modo in cui io stessa avrei potuto inserirmi in quel mondo, se con mia nonna fossimo state ragazze dello stesso periodo. Mi chiedo sempre dove si inseriscano gli uomini e le donne queer di un tempo nelle vecchie storie che mi sono state raccontate da bambina. Grace è il mio modo di approcciarmi a quelle storie».