In questa pagina:
- I’m Not Everything I Want to Be di Klára Tasovská
- A Man Imagined di Melanie Shatzky e Brian M. Cassidy
I’m Not Everything I Want to Be
Repubblica Ceca 2024, 90’
Dall’oscurità emergono lampi di luce intensa, seguiti da frammenti di immagini in bianco e nero che appaiono in rapida successione. Un invito a una prestigiosa mostra fotografica significa che la settantenne Libuše Jarcovjáková deve accendere il suo scanner fotografico. Ha aspettato un invito del genere per 50 anni, sperando che il suo talento venisse finalmente apprezzato. Ora deve scegliere le fotografie che meglio rappresentano lei e il suo lavoro. Ma cosa dovrebbe mostrare al mondo? Chi è davvero?
La regista, Klára Tasovská
(Repubblica Ceca) si è laureata presso il Dipartimento di New Media dell’Accademia di Belle arti e il Dipartimento di Film documentari della FAMU a Praga. Il suo mediometraggio Midnight (2010) è stato proiettato in diversi festival cinematografici internazionali (Ji.hlava IDFF, dove ha ottenuto una menzione speciale della giuria, Visions du Réel Nyon e EMAF Osnabrück, vincendo il Premio nuovi talenti). Il suo debutto nel lungometraggio, Fortress (2012), diretto insieme a Lukáš Kokeš, ha vinto il premio come miglior documentario ceco al Ji.hlava IDFF nel 2012. Il film ha inoltre partecipato in concorso al CPH 2012 e ad altri festival europei, ed è stato nominato per il Premio LUX 2013. Il suo penultimo film, Nothing Like Before (2017), co-diretto da Lukáš Kokeš, ha debuttato nella competizione First Appearance all’IDFA 2017. Nel 2024 dirige I’m Not Everything I Want to Be, presentato al Festival di Berlino.
«Ancora oggi ci si interroga su come essere donna e artista o creatrice, su come avere successo in un mondo ancora dominato dagli uomini, su come conciliare una famiglia con il bisogno di credere in un riconoscimento che potrebbe non arrivare mai, su come essere autentiche sia nel lavoro che nella vita e scoprire chi si desidera veramente essere – dice – Nella figura di Libuše Jarcovjáková ho trovato una grande protagonista che incarna tutte queste domande. Sebbene la sua storia si svolga cronologicamente dal 1968 ai giorni nostri, so colloca in realtà fuori al tempo ed è ancora estremamente attuale. La sua ricerca di isole di libertà personale, la sua scelta di non avere figli, la sua sessualità e il coming out, la fuga a Berlino e nella sconosciuta Tokyo, questi elementi formano la base per esplorare tematiche che possono ispirare chiunque».
A Man Imagined
Canada 2024, 62’
Il ritratto intimo e doloroso del sessantasettenne Lloyd, un uomo affetto da una forma di schizofrenia che sopravvive tra i detriti urbani immerso in un clima di decadenza. Scampato a inverni rigidi ed estati afose, vende oggetti di recupero e dorme nei depositi di rottami. Quando emerge un dettaglio sorprendente del suo passato, i due registi cercano di aiutarlo a ricomporre i frammenti della sua esistenza, un puzzle di astrazioni dolorose che parte dalla sua infanzia.
I registi Melanie Shatzky, Brian M. Cassidy
Melanie Shatzky (Canada, 1976) è una regista, fotografa e montatrice. Collabora con Brian M. Cassidy esplorando il confine che separa cinema documentario e cinema narrativo. I loro pluripremiati film sono stati proiettati in molti festival prestigiosi come Sundance, Berlino, Toronto e Locarno. Il loro primo lungometraggio di finzione, Francine (2012), è stato selezionato nella lista dei migliori film del New York Times.
Brian M. Cassidy (Usa, 1977) è un regista, fotografo e direttore della fotografia. Collabora con Melanie Shatzky esplorando il confine che separa cinema documentario e cinema narrativo. I loro pluripremiati film sono stati proiettati in molti festival prestigiosi come Sundance, Berlino, Toronto e Locarno. Il loro primo lungometraggio di finzione, Francine (2012), è stato selezionato nella lista dei migliori film del «New York Times». «Abbiamo incontrato Lloyd dopo aver fatto volontariato in un centro di accoglienza per senzatetto per quasi un anno. – dicono – La nostra intenzione iniziale era quella di realizzare un film con diversi personaggi e fornire una panoramica delle esperienze di coloro che vivono senza fissa dimora. Tuttavia, tutto è cambiato dopo aver incontrato Lloyd. Si è avvicinato a noi, incuriosito dalla nostra macchina da presa e dalla nostra presenza al centro, affermando con discrezione il suo desiderio di partecipare al nostro progetto. Possedeva un’aura quasi biblica, inconfondibile, e un bisogno, seppur nascosto, di essere visto».